Italia-Germania (1° gennaio 1923)

Un'immagine del campo di Viale Lombardia
Le cronache di Monsù
2 gennaio 1923

Buona è la serie della nazionale azzurra, imbattuta dall'estate del 1920, imperniata sul blocco genoano (il Grifone vinse i suoi ultimi tricolori nel '23 e nel '24). L'Italia incontra a Milano e per la prima volta in assoluto, sul campo di Viale Lombardia, la rappresentativa tedesca. Colpisce, nel lungo resoconto dettato da Pozzo durante la notte di Capodanno (!), una connotazione del gioco azzurro (già votato a scaltrezza e praticità) come tutt'altro che inferiore a quello impostato dai teutonici sul piano fisico, ma tecnicamente meno raffinato. E' il primo pezzo scritto da Pozzo per "La Stampa".




Milano, 1 [gennaio], notte.


Ogni match di foot-ball ha una storia a sé e anche il match Italia-Germania ne ha una. Questa storia non è altro che un capitolo nel grande libro dell'epopea del foot-ball italiano, in cui i giuocatori, colle loro gesta, scrivono cinque o sei capitoli all'anno. I capitoli da qualche tempo a questa parte hanno una tale continuità di tendenza ascendente da costituire già nel significato collettivo un'opera che basterebbe a glorificare il foot-ball italiano.
lo sono stato sempre poco proclive, por le mie tendenze naturali e per la lotta che ogni volta sostengo con me stesso per non lasciarmi portare dall'entusiasmo, a dire cose che non hanno una profonda e logica ragione di essere nella tecnica, a infiorare di aggettivi superlativi l'opinione mia su quel combattimento tecnico per eccellenza che è una partita di foot-ball. Nor farò un'eccezione questa volta, ma vedo nel match disputatosi oggi n Milano la conferma di doti così caratteristiche del giuoco italiano che non posso fare a meno di scrivere in chiari termini che il foot-ball del nostro paese ha scritto oggi una delle più belle e convincenti pagine. Come uno scrittore che dopo lunghe e diffuse considerazioni sente il bisogno di compendiare, riassumere e sottolineare in una frase breve ed incisiva quanto è venuto dicendo in precedenza, così la squadra italiana col 3 a 1 di oggi è venuta a confermare, ribadire, imprimere nettamente nella mente dei sostenitori e degli avversari le sue magnifiche qualità.

Lo stupore dei tedeschi

Questa mattina all'hotel da cui i tedeschi non si sono mossi, i giuocatori nostri ospiti esprimevano senza reticenze la loro opinione sul match: un pronostico che oscillava fra un limite minimo di 3 a 1 ed un massimo di 5 a 1 in favore della Germania. Diversi amici giuocatori del Norimberga facevano le loro meraviglie alle parole da me scritte su di un quotidiano sportivo, che il giuoco tedesco più classico potesse ricevere dei punti da quello italiano in fatto di velocità, di giuoco alto e di praticità. L'opinione mia che oggi i tedeschi avrebbero appreso a conoscere il vero significato delle parole rapidità, intuito, improvvisazione, veniva salutata con quel sorriso che segna la metà strada tra il rispetto ed il compatimento. Gli stessi uomini alle 18 di questa sera mi stringevano la mano, confessandomi sinceramente che erano stupiti, sbalorditi dalla velocità del nostro giuoco. Parlo di Riegel, che come riserva osservò il match dalla linea del fallo, parlo di Träg che alla lotta prese parte, parlo di Stuhlfauth, che lottò con ogni sua forza contro la sconfitta. Sportmen sino alle midolla delle ossa, questi bavaresi erano più espliciti nell'ammirazione del nostro giuoco di quanto non lo fossero nel campo italiano i più sfegatati dei sostenitori nostri. 
Intendiamoci bene: con queste parole noi non vogliamo né esprimere un'opinione nostra, né riportare un'opinione altrui, che portino di colpo alle stelle la tecnica degli italiani. Per quanto riguarda la tecnica pura e vera, la padronanza della palla, cioè l'intesa da uomo a uomo, il passaggio misurato, la classicità di movimenti, i tedeschi battuti dal risultato finale escono imbattuti dallo svolgimento delle azioni in campo. Nessuna linea italiana, comunque composta, può al giorno d'oggi svolgere un giuoco che abbia per punti cardinali l'arresto della palla, lo smarcarsi dall'avversario, la precisione dei passaggi, che ci vennero oggi mostrati dal trio infinitamente inferiore alla propria fama e al proprio intrinseco valore formato da Franz, Seiderer e Träg. Nessuna. Ma nello stesso tempo nessuna linea di attacco tedesca, nemmeno nella sua migliore giornata, può produrre il giuoco così caratteristico, così pratico, così penetrante degli italiani. La descrizione che può meglio di tutto dare la fisonomia [sic] del giuoco è la seguente: ogni azione del giuoco tedesco suscitava ammirazione per la linea di condotta, ma non conduceva al pericolo per il goal italiano; ogni azione offensiva italiana o quasi ognuna di esse non suscitava questa ammirazione ma aveva per conseguenza la possibilità o la probabilità di capitolazione del goal germanico. E questo dal primo momento sino all'ultimo del primo tempo di predominio teutonico, come nel periodo di alternati attacchi della seconda parte della ripresa e sino all'elettrizzante finale, che ci fruttò la vittoria.

La velocità degli italiani

Il giuoco del foot-ball ha per suo costante obbiettivo la segnatura di quel punto che in inglese viene definito con la parola "goal"e la cui letterale traduzione è il vocabolo italiano "scopo". Come un traduttore fedele che non si lasci offuscare la precisione dei concetti né attenuare la letterale impressione dell'idea riportata, l'italiano mira da qualche tempo a questa parte allo "scopo", all'unico che conti nel giuoco, al risultato. E vi arriva e vi riesce con una continuità, con una serie tale di dimostrazioni pratiche da lasciare sbalorditi coloro che indubbiamente nella condotta di giuoco sono più fini di noi, da indurre addirittura coloro che sono il netto esponente di tutta una scuola a dubitare persino della bontà della loro dottrina. Gli italiani hanno vinto il match principalmente per merito di due delle loro doti più caratteristiche: la velocità sulla palla e lo sfruttamento del movimento opportuno. In fatto di velocità sulla palla c'è questo da dire chiaramente: otto volte su dieci quando la palla si trovava in disputa tra due avversari ad uguale distanza, l'italiano arrivava primo su di essa con un netto vantaggio. E' la velocità del balzo, è l'entusiasmo, è lo slancio, è quasi la rabbia con la quale l'italiano scatta e copre quegli otto o dieci metri che sono tutti nel possesso della palla. Ma è un fatto che l'italiano, in questa lotta, sovrasta l'avversario della testa e delle spalle. 
E questo riuscir a possedere la palla è quanto contribuire in maggior grado ad imporre all'avversario il proprio tono di giuoco. Quando due avversari giuocano con due sistemi così radicalmente diversi riesce, a breve od a lunga scadenza,  colui che sa imporre al giuoco il colore che più gli è favorevole, colui che sa condurre l'avversario su quel terreno in cui è certo di poterlo battere. Da dieci matches internazionali a questa parte l'Italia, grazie alla sua velocità sulla palla, ha saputo distogliere l'avversario da quello che è il suo lato tecnico più forte e portarlo di viva forza a quel giuoco largo, forte, alto, travolgente in cui non teme rivali. Qui giunto scaturisce quella magnifica dote degli attaccanti italiani che nel gergo dei professionisti inglesi viene definita come "spirito di opportunismo"e che non è altro se non il senso di sapere prendere al volo l'attimo fuggente che un attacco impetuoso e travolgente immancabilmente reca con sé sotto forma dell'errore di un terzino, di un'incertezza del portiere, di un istante di confusione nelle linee di difesa avversarie. Un antico proverbio orientale dice che gli dei non perdonano coloro che non sanno raccogliere le occasioni che il caso loro presenta. Secondo questo comandamento orientale agli attaccanti italiani dovrebbe essere garantita l'entrata in paradiso e gli attaccanti tedeschi dovrebbero temere per l'avvenire che li attende nel mondo dell'al di là.

I nostri difetti

In questa impressione dei coefficienti che diedero la vittoria ai colori italiani sta però anche il giudizio più severo delle doti intrinseche del loro giuoco. Rapidità sulla palla., intuito della debolezza avversaria, fulminea visione delle necessità del da farsi, spirito di improvvisazione sono doti magnifiche, ma sono doti che devono costituire essenzialmente il necessario coronamento dell'opera proveniente da salde qualità tecniche, se non si vuole che un giorno o l'altro venga a galla che vere basi l'edificio non ha e che il tutto può precipitare nel vuoto con la stessa facilità con cui è salito alle stelle. Detto quanto è doveroso dire sul giuoco nostro e cantate le lodi di quanto portò i nostri colori a tante vittorie, occorre ora aggiungere con identica sincerità che il giuoco dell'attacco nostro come insieme, come combinazione, come essenza di foot-ball non ha assolutamente soddisfatto.
Sarà la differenza di stile tra la condotta di attacco italiana e quella germanica, che saltava chiaramente agli occhi, sarà che mai i nostri hanno dato l'impressione di lavorare in perfetta armonia od intesa, la conclusione è che dobbiamo dire che la prima linea azzurra non ha giuocato un bel match. Cevenini III, marcato, seguito, tartassato, contrapposto ad avversari di un valore ben superiore a quelli di Bologna [vedi nota in calce], non brillò della stessa luce del 3 dicembre e fu quasi per necessità più ordinato. A noi spiace il citare un particolare giuocatore come emergente sugli altri in un dato match, ma il dovere della sincerità e la necessità della cronaca ci obbligano a dire che secondo noi l'uomo del nostro quintetto che dimostrò di saper usare con maggiore utilità la propria materia cerebrale per il bene comune fu Santamaria, l'anziano genoano. Santamaria diede lavoro ai compagni di destra e sinistra, fece rendere Bergamino, si compenetrò delle necessità di Zizi, diede idee al tardivo ed imbarazzato Della Valle.

La miglior linea nostra: la mediana

Ma chi ha diritto sul lavoro della giornata a riscuotere lodi che comprendono anche l'opera svolta dal lato tecnico è la linea di sostegno. I nostri mediani svolsero da cima a fondo della partita un giuoco così rispondente alle proprie mansioni da autorizzarci a dire che fu essa a sostenere il peso maggiore dell'incontro ed a smussare, rompere, infrangere le fini trame con cui gli attaccanti teutonici tentavano di avvicinarsi al nostro goal. Il lavoro di Burlando, Barbieri. Aliberti fu più opera di duri lavoratori che non quella di fini artisti, ma fu un'opera costante, continua, inesauribile, redditizia. Burlando condusse il match dal primo all'ultimo istante con un fiato ed un coraggio ammirevoli, Barbieri segnò un passo avanti dalla forma del match di Bologna e Aliberti. che si attaccò con la tenacia di una sanguisuga alla sua ala, riuscì a rendere quest'ultima quasi inefficace.
Nel lavoro di un half tutto è relativo. Nessuna azione è fine a se stessa. Ogni movimento ha per obbiettivo un aiutu a chi sta di fronte, di fianco o alle spalle, e quando un mediano è riuscito nel suo compito la sua opera personale generalmente non emerge, ma chi ne esce trionfante è la squadra che si guadagna nella prova gli aggettivi di omogenea, compatta, consistente. Sotto questo aspetto primario ed importantissimo la seconda linea italiana ha bene meritato.
I terzini confermarono la loro forma di Bologna, ma nell'esaminarne l'operato in contrapposto alla coppia bavarese occorre tenere bene presente la differenza di trattamento a cui furono assoggettati i quattro backs. Müller e Kugler da parte tedesca furono, durante tutti i 90 minuti dell'Incontro duramente stretti dagli attaccanti italiani che non lasciarono loro un istante di respiro, che non permisero loro di sferrare un calcio a volo senza il pericolo di una carica. De Vecchi e Calligaris, viceversa, per errore di tattica del terzetto centrale tedesco, ebbero sempre campo di lavorare in piena libertà senza essere stretti da vicino, senza ossessione e senza timore che il pallone rimbalzasse su di una schiena od un petto sopravveniente in carica.

I terzini tedeschi sopraffatti

In ogni partita di foot-ball si svolge, fin dall'inizio, una specie di gara tra attaccanti e difensori, a chi riesce a maggiormente impressionare l'avversario. Il terzino più sicuro di questo mondo diventa nervoso ed incerto, e si ritira ad attendere la palla al salto, invece che al volo, quando si vede negata insistentemente la libertà di azione, quando si vede ostacolato dall'attaccante ogni qualvolta sta per liberare il proprio campo. In questa lotta gli avanti germanici non riuscirono mai ad impressionare De Vecchi e Calligaris, mentre i nostri cinque attaccanti arrivarono a far perdere la pazienza e la padronanza di nervi a Müller ed a Kugler, specialmente al primo, giungendo verso gli ultimi minuti del match a travolgere decisamente la loro resistenza. Noi non ci intratterremo qui a descrivere minutamente l'andamento della panna, né ad elencare in quale minuto un giocatore sia riuscito ad emergere per un azione individuale sugli altri. Abbiamo detto del carattere generale del gioco delle due squadre; ci limiteremo ora a tracciare il carattere del gioco citandone i punti salienti.
Le due squadre si presentarono in campo alle 14.45 nella seguente formazione: Italia: Trivellini; Devecchi e Calligaris; Aliberti, Burlando, Barbier; Bergamino I, Santamaria, Cevenini III, Della Valle e Migliavacca. Germania: Stuhlfauth; Müller e Kugler; Hagen, Lang e Schmidt; Wunderlich, Franz, Seiderer, Träg e Sutor. Come si vede Baloncieri veniva ad essere sostituito per le sue condizioni fisiche incerte da Della Valle del Bologna ed è tornato in scena per i tedeschi lo squalificato Seiderer.

La partita

I primi ad attaccare furono i tedeschi e per un quarto d'ora non si svolsero nell'un campo e nell'altro che azioni dimostrative, come se le macchine rappresentate dall'una e dall'altra compagine stessero cercando la buona carburazione. Le avanzate tedesche rivestirono subito il carattere del gioco basso, raso a terra, stretto, mentre l'attacco italiano, meno studiato ma più veloce aveva delle doti di decisioni, e direi quasi di rabbia, per cui, non ostante il primo tempo abbia dimostrato, in genere, una superiorità tedesca, il portiere Stuhlfauth venne chiamato all'opera un maggior numero di volte e con maggior urgenza che non Trivellini. L'originale caratteristico side di Stuhlfauth emerse nettamente e strappò gli applausi del pubblico in questo primo tempo in cui due corners furono tirati contro la Germania ed uno contro l'Italia.
Alla ripresa doveva, dopo le schermaglie iniziali, sopraggiungere la decisione. Gli italiani dominarono nettamente ed insistentemente per tutto un quarto d'ora; poi uno degli attacchi tedeschi, una magnifica combinazione Träg-Franz-Seiderer, portava al goal tedesco in seguito ad un'azione finale che parve una stranezza, tanto poche se ne erano viste in precedenza da parte dei tedeschi: un tiro in goal in piena corsa, deciso, violento, non parabile. La Germania vinceva uno a zero. E per cinque paurosi minuti dopo questo successo teutonico parve che la nostra squadra si sfasciasse e dovesse ripetere il brutto ultimo quarto d'ora di Bologna. Träg e Wunderlich sbagliarono in pochi istanti facili occasioni ma, cosa che a Bologna non era successa, di colpo un'azione prettamente individuale di Cevenini III riportava alla pari le sorti della giornata, elettrizzando la squadra e l'ambiente e capovolgendo le possibilità dell'incontro.
Scartatosi sulla sinistra Cevenini sbalzava in goal obliquamente un pallone che il portiere tedesco non poteva cche volgersi a raccogliere nell'angolo opposto della porta. Sei minuti dopo era un centro di Bergamino che, ripreso da Cevenini, era inviato a Santamaria, passato al centro. Il genoano, colla testa, deviava, senza possibilità di parata, in un angolo. E poco dopo il Migliavacca evitava di precisione il portiere del Norimberga uscitogli incontro e scivolato sul viscido terreno, e segnava ii terzo punto per l'Italia. I tedeschi hanno appreso dall'urlo della folla tre volte ripetutosi nel suo più alto suono che cosa sia l'entusiasmo italiano, e per confessione propria nemmeno dimenticheranno tanto presto che cosa sia lo slancio e la velocità nostra.

L'impressione del capitano tedesco

Träg, il capitano dei tedeschi, interpellato, rispose come prima impressione colla domanda "se sempre il gioco italiano sa essere così impetuoso o s3 si trattava dell'eccezione di una giornata" e premesso che il terreno stretto rappresentava un netto vantaggio per i più veloci e mobili in campo, espresse l'opinione che tutta la linea mediana italiana insieme a Santamaria, Cevenini III e Calligaris, fossero uomini degni di ogni lode. La stessa impressione davano concordi i rimanenti giocatori e dirigenti tedeschi, impressione mista ad un profondo stupore per quanto era passato davanti agli occhi loro. Nel campo opposto la gioia più viva. De Vecchi esprime senza reticenze la propria soddisfazione per i tre mediani che innanzi a lui lavorarono, mentre uguali lodi egli non sa giustamente trovare per la coesione del nostro attacco. Più tecnici mi parvero i nostri avversari ma troppo ligi ad un unico metodo di gioco, ed in realtà la metodicità delle azioni teutoniche, l'insistenza nelle avanzate secondo le rigide leggi del sistema tedesco furono tra le cause determinanti dell'insuccesso di una squadra che in una infinità di particolari non apparve, per chi la vide all'opera precedentemente, che l'ombra di quanto seppe essere in passato e di quanto sa essere in altre condizioni e contro altri avversari.
Come nota di cronaca, possiamo aggiungere queste battute. Il campo del Milan invaso da una folla strabocchevole, tutti i records d'affollamento e di incasso battuti. Il goal di Cevenini suscitò un indescrivibile entusiasmo, ma anche quelli che seguirono furono accolti da applausi deliranti. La vittoria italiana, inaspettata e sopraggiunta dopo lunghe attese di ansia ed anche di scoraggiamento, ha dato luogo alla fine ad una scena epica di entusiasmo. Tutti i giocatori italiani sono stati portati in trionfo.

[nota] Monsù si riferisce al match disputato - appunto - a Bologna, il precedente 3 dicembre, tra Italia e Svizzera, conclusosi in parità (2:2).