Niente da fare per i rosso-crociati


La terza partita della nazionale azzurra nel secondo dopoguerra coincide, sostanzialmente, con una ripresa definitiva del confronto calcistico internazionale. Un solo match nel 1945 (a Zurigo contro la rappresentativa elvetica), uno solo anche nel 1946 (a San Siro, ospite l'Austria), e poi quattro sfide nel 1947, equamente distribuite tra primavera e autunno. Il 27 aprile, a Firenze, l'Italia - ancora guidata da Vittorio Pozzo - affronta la Svizzera. Il test è naturalmente amichevole; in campo, i giocatori di movimento militano tutti nel Torino (all'esordio assoluto c'è Romeo Menti: battesimo e tripletta ...), con la sola eccezione di Carletto Parola, juventino. E dalla Juventus è prestato alla causa anche il portiere, Lucidio Sentimenti. Il resoconto che proponiamo porta la firma prestigiosa di Fulvio Bernardini, e fu pubblicato sul Corriere dello Sport lunedì 28 aprile, ovviamente in prima pagina. Non sfuggirà la sottolineatura della mancata totale adesione di Pozzo al 'sistema', praticato proprio dal Torino ...


FIRENZE, 27 [aprile 1947]
Un risultato calcistico generalmente riesce ad esprimere, attraverso l'aridità dei numeri, lo sviluppo del fatto sportivo e la differenza dei valori tra i protagonisti nel campo, sia come complessi che come individualità.
Il risultato di Firenze vuol fare leggermente eccezione a questa regola e diciamo subito, per essere meglio seguiti nei nostri giudizi, che la scarsa verità del 5 a 2 con il quale gli azzurri hanno mortificato i rossocrociati, va caricata sulla bilancia e collocata sul piatti che segna proprio il dono dei larghi vincitori.
Tre gol di scarto in un confronto internazionale sono certo molti, troppi si potrebbe dire, trattandosi delle migliori formazioni possibili che due Paesi riescono ad allestire, ma fra Italia e Svizzera di ieri lo scarto poteva e doveva essere maggiore.
Differenza netta, tra le due contendenti, come massa di gioco offensivo, e non solo differenza netta tra il lavoro sempre occasionale di Sentimenti IV e il lavoro sfiancante cui è stato sottoposto Ballabio; differenza nei tiri in porta, sbagliati e non sbagliati del tutto; ancora netto divario dal punto di vista dell'operato arbitrale del signor Beck, che ha punito fulmineamente, e giustamente, un fallo in area di Parola su Maillard, mentre aveva distrattamente lasciato correre su due netti falli svizzeri in area nel primo tempo, e su un altro ancora più classicamente chiaro di Steffen su Gabetto nel finale, quando aveva già concesso il rigore contro Parola.
Non parliamo poi volentieri dei tre o quattro pali colpiti dagli azzurri, perché da tempo inveterato sosteniamo che i pali fanno parte del gioco avversario. Ma essi sono lì a testimoniare che azioni brillanti li avevano preceduti, lasciando poi l'uomo libero a tirare con serenità di mira.
Ma un punteggio di sei o sette ad uno nulla avrebbe regalato ai nostri rappresentanti e nulla avrebbe rubato agli avversari!

Formula magica?

Leggendo di queste nostre idee il lettore sarà portato a volare in zona euforica e fare considerazioni che potrebbero apparire logiche, come: "Abbiamo dunque la grande Nazionale; siamo più che mai degni di essere Campioni del mondo; siamo arrivati finalmente alla formula magica". E via a pensare cose del genere.
Inviteremo subito il lettore a frenare il suo entusiasmo; potevano gli Svizzeri tornare a casa con un punteggio-disastro e possiamo con diritto dimostrare che nessun avversario potrà incontrare la nostra formazione con sicure speranze di successo. Ma alla "formula magica" non ci siamo per due ragioni, una di carattere contingente e l'altra di carattere psicologico ma che trova le premesse negli ordini di scuderia che la "Nazionale" riceve dal direttore tecnico responsabile.
Quella di carattere contingente si chiama Mazzola che, evidentemente preoccupato della recente ferita, non è stato il vero Mazzola per l'intero primo tempo e quando, nella ripresa, ha osato di più e trovata la giusta misura, non è stato nemmeno allora il grande Mazzola. Alla mezz'ala granata capita ormai quello che sempre avviene per i giocatori di gran classe che abituano l'ambiente a vedersi offerte delle grandi prestazioni: il giorno che operano leggermente al di sotto del livello abituale o si limitano alla ordinaria amministrazione, fanno sgranare gli occhi dalla sorpresa e dalla meraviglia.
Mazzola ha piene attenuanti e rimane pur sempre la forza più viva del calcio italiano di attacco, ma se nel primo tempo l'azzurro ha leggermente deluso, lo si deve proprio alla strana mancanza di precisione del biondo-rossiccio atleta.

Nostalgie del 'metodo'

La ragione di carattere psicologico è più complessa e cercheremo di chiarirla così come l'abbiamo temuta prima e come l'abbiamo capita durante l'incontro.
Tutti conosciamo Pozzo 'metodista' coriaceo e avente nella mente tutta la collana dei suoi grandi successi, ottenuti con la tattica da lui preferita della difesa serrata e del contropiede. Il ricordo delle sue convinzioni gli mette nell'animo la paura del contropiede avversario e, trascurando il fatto che il 'sistema' ha le sue leggi e le sue armi anche per sventare il controtempo dell'avversario, prega i suoi ragazzi di non esporsi troppo. I ragazzi capiscono la sua tema e lo seguono docili, ma così facendo operano il karakiri del quadrilatero 'sistemista' rimanendo frenati nei laterali e poco in linea nelle mezze ali, le distanze non vengono mantenute, i collegamenti sono sfasati, i giocatori sono costretti a portare palla e il gioco cade di ritmo.
Questo lo si è visto chiaramente per tutto il primo tempo.
Nella ripresa, la "Nazionale" è tornata ad essere un quasi ... "Torino" e la manovra si è elevata di tono. I laterali hanno funzionato abbastanza secondo 'sistema', il quintetto di attacco ha lavorato con maggiore continuità ed anche i tre terzini hanno potuto giocare in bellezza le palle che arrivavano loro dalla frammentaria reazione svizzera. Sono venuti gli spettacolari gol di Menti ed altri ancora ne potevano venire ma, in fondo in fondo, anche i difensori svizzeri erano lì a dire la loro, specie con Steffen, Ballabio e Gyger.

La 'tenaglia difensiva'

Già, perché c'erano anche gli svizzeri, temuti assai alla vigilia per cognizioni dei successi ottenuti nell'ultimo biennio e per le possibili diavolerie del 'mago' Rappan, inventore del gioco a 'tenaglia difensiva'.
Confessiamo di non essere riusciti a individuarla, questa tenaglia, per la semplice ragione che ... non c'era.
Scrivemmo, nelle note di vigilia, che la presenza in campo di Steffen, reduce dall'aver giocato nel londinese Chelsea, e la pubblicità voluta da Rappan sull'affare della 'tenaglia difensiva' ci mettevano in sospetto: "Non è improbabile - scrivemmo - che Rappan ci presenti qualcosa che sa di controsistema, se non addirittura di sistema". Non c'eravamo sbagliati!
La Svizzera ha giocato in questa maniera: una linea di tre terzini sistemisti con Tanner su Ferraris, Steffen su Gabetto e Bocquet su Menti. Dietro questa linea Gyger terzino libero; Eggiman spostato leggermente sulla destra e Maillard arretrato a farla quasi da laterale 'sistemista'; i quattro attaccanti a cercare nel gran movimento il rimedio alla lacuna di essere solo quattro e mai tutti distesi in offesa. Il conosciuto schieramento che molte squadre adottano in Italia per imbrigliare le 'sistemiste' (pioniera la Triestina, ricordate?) e che viene chiamato propriamente col termine di 'mezzo-sistema'.
Per operare una certa marcatura questa tattica poteva anche servire, ma il guaio veniva dal particolare che di 'sistemista' autentico non c'era che Steffen (di gran lunga il migliore degli svizzeri) e che la marcatura rimaneva approssimativa tanto da far vedere i nostri, e spesso, tutti smarcati, meno Gabetto, e tanto da costringere lo stesso Bocquet, di ottima classe e secondo dopo Steffen, ad ammirare Menti nella segnatura di tre gol.
Oltre al particolare tattico, nella Svizzera scarseggia l'autentica classe: Steffen, Bocquet, Ballabio, Gyger, Bickel, ma poi? Lo stesso Amadò, tanto nomini, ci ha deluso per uno stile di corsa e di tocco per nulla ortodosso; aveva di contro Parola e sta bene, ma ci ha dato l'impressione di un giocatore che abbia le articolazioni ingessate al semi-rigido.
Il gioco degli azzurri è poi troppo ritardato come tecnica collettiva. Il solo Steffen, forse perché su lui ha avuto influenza il contatto col calcio inglese, ha dimostrato di aver capito che il gioco moderno esige velocità di palla.
Dei singoli svizzeri abbiamo parlato.

I migliori tra gli azzurri

Degli azzurri, scondo noi, solo Parola e Ballarin hanno fatto colpo pieno dal primo all'ultimo minuto. Su Parola, è forse inutile ripetizione: ha tutta la dinamica, la potenza, la freddezza, il tocco, la bravura che solo un atleta di classe eccelsa può avere. Du Ballarin tessere l'elogio è doveroso; noi sappiamo il valore di Ballarin e troviamo curioso come spesso venga criticato a torto. Ieri ha dato ampia dimostrazione di essere diventato perfetto 'sistemista' e di meritare bene assai la maglia azzurra.
Gli altri hanno alternato cose ottime ad altre meno buone, pur incastrandosi tutti nel gioco di squadra con rapidità di riflessi. La leggera insoddisfazione del nostro giudizio deriva da una certa discontinuità denunziata dagli uomini.
Sentimenti non ha avuto grande lavoro: una parata eccellente nel secondo tempo, sul 4 a 2, ed un'incertezza di uscita nel primo, sul 2 a 1, che poteva essere fatale (Fatton colpiva male di testa ed alzava dietro la traversa); Maroso opaco nel primo tempo ed eccellente nella ripresa; Grezar meglio di Castigliano, troppo riservato; Menti e Ferraris buoni preparatori ma poco efficaci nei centri; Loik ha avuto buoni momenti nel primo tempo e trenta minuti da campione dall'inizio della ripresa; Gabetto ha lavorato assai anche in senso difensivo, ma solo nella ripresa è stato lui, forse perché finalmente meglio servito.
Di Mazzola abbiamo parlato.
L'arbitraggio di Beck? Molto da discutere: non ha afferrato, benché segnalato, il fuorigioco di Hasler quando poi è venuto fuori il calcio d'angolo che ha provocato il primo gol degli svizzeri; ha concesso giustamente un calcio di rigore contro gli italiani nella ripresa, ma aveva completamente dimenticato di rilevare almeno tre falli gravi in area di rigore svizzera. Si vede che in Austria gli arbitri sono abituati così.

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