Ninguem e la Pantera

"Quando nel 1965 'scoprii' il Portogallo, Paese oggi giustamente frequentato dal turismo europeo e la cui cultura non ci sembra più così esotica come allora, quello che da noi più o meno si sapeva del Portogallo si limitava ad Eusebio (straordinario calciatore), al miracolo di Fatima (il cui Terzo segreto, se rivelato, prometteva a sua volta cose straordinarie) e a una sconosciuta Lisbona cheia de encanto e beleza, piena di incanto e bellezza, come avevamo appreso dalla voce straordinaria di Amalia Rodrigues" 
Antonio Tabucchi , Corriere della Sera, 7 ottobre 1999


Quelli del Benfica lo vennero a scovare su un campetto di terra battuta della più misera periferia di Lourenço Marques. Non aveva ancora diciott’anni e lo chiamavano Ninguem, 'Nessuno': non era nessuno, ma già seminava gli avversari, con le sue lunghe gambe da pantera e la palla incollata al piede.

Un nome in realtà ce l’aveva: era Eusébio da Silva Ferreira e un bel giorno d’estate del 1960 prese l’aereo e dal suo Mozambico planò a Lisbona. Nello spogliatoio dello Stadio da Luz lo aspettava la maglietta rossa del Benfica, l’unica squadra all'epoca capace di tener testa in Europa al Real Madrid.

Per Eusébio è l’inizio di quindici anni di straordinari successi: per undici volte il campionato nazionale, la Coppa dei Campioni nel 1962 e il Pallone d’oro nel 1965. Col Portogallo ai Mondiali d’Inghilterra fu capocannoniere, e condusse la nazionale lusitana al terzo posto nel torneo, la miglior prestazione mai raggiunta da quella nazione in una Coppa del mondo.

Nel girone di qualificazione, quando il Portogallo fece fuori i campioni in carica del Brasile, la prestazione di Eusébio fece offuscare la stella di Pelé, peraltro menomato da un infortunio. Al cospetto della Perla nera si esaltò un nuovo mito del calcio internazionale, la Pantera nera, il primo grande giocatore africano della storia del calcio: un fantastico connubio di forza atletica e tecnica calcistica.

Inghilterra, estate del 1966.
Eusebio tra due Bobbies

Il vero capolavoro ai Mondiali del 1966 Eusébio lo costruì però nei quarti di finale contro la Corea del Nord, che ha appena eliminato inopinatamente l’Italia. Gli asiatici puntarono ancora una volta sul fattore sorpresa e dopo 24 minuti si trovavano in vantaggio per 3-0: tre minuti dopo Eusébio segnò un gol, poi allo scadere del tempo ne segnò un altro su rigore. Dopo ogni marcatura Eusébio andava verso la rete, prendeva in mano il pallone e correva a posarlo sul dischetto del centrocampo. Nella ripresa fu ancora lui a firmare il pareggio e tre minuti dopo, ancora su rigore, a mettere a segno il gol che completò l’incredibile rimonta. Il definitivo cinque a tre lo avrebbe infine segnato Augusto, ma il pubblico del Goodison Park di Liverpool tributò la sua standing ovation alla Pantera nera, cuore e potenza di quel Portogallo.

La sua maglia leggendaria, conservata presso il Museo di San Siro

Eusébio, con la maglia del Benfica, vinse la Coppa dei Campioni nel 1962 (e perse la finale del 1963, a Wembley, contro il Milan di Rocco, Rivera e Altafini); nel 1965 gli venne assegnato il Pallone d’Oro. Vinse nel 1968 e nel 1973 la Scarpa d’Oro, come miglior cannoniere dei campionati europei. Nella classifica IFFHS dei migliori calciatori del XX secolo occupa la nona posizione.

Fino alle 3 di questa notte Eusébio vantava  il singolare primato di essere tra i pochi personaggi viventi cui è stato dedicato un monumento. Eusébio da Silva Ferreira, che nel giugno del 2012 era stato colpito da ictus, si è spento a Lisbona, a causa di un arresto cardiaco. Ma la sua statua in bronzo continuerà ad accogliere i tifosi all'ingresso dello stadio Da Luz, lo stadio del Benfica.

Gino Cervi, 5 gennaio 2014






Tratto, su concessione dell'autore, da 
Gino Cervi, Antonio Gurrado, Mondiali dal 1930 a oggi, pp. 70-71