Scotland – England 0:0
30 novembre 1872, Hamilton Crescent, Glasgow
International Foot-ball Match
L'annuncio a stampa del match |
Esattamente
140 anni fa, nel pomeriggio del 30 novembre 1872, si svolse a Glasgow la prima
partita di football tra rappresentative nazionali: a scendere in campo furono
due XI nel nome della Scozia e dell'Inghilterra. Il match è passato alla storia
quale primo incontro ufficiale tra squadre "nazionali" perché
riconosciuto come tale sia dalla UEFA sia dalla FIFA, ma le associations inglese e scozzese tendono
a ricomprendere nella memoria dei confronti tra le proprie rappresentative
anche alcune partite che si erano tenute a Londra negli anni precedenti. Peraltro,
al novembre 1872 era attiva solo la Football Associaton inglese (fondata nel 1863),
mentre quella scozzese doveva ancora sorgere, e dunque sarebbe opinabile anche il carattere "ufficiale" del match del St Andrew's Day. In ogni caso, l'iniziativa
di organizzare l'incontro si dovette, come per le precedenti partite, alla
fervida attività di Charles W. Alcock, la prima grande figura della storia del
football [vedi].
Charles W. Alcock |
Alcock,
un’atleta allora trentenne educato nell’Harrow School di Londra e membro del Wanderers
Football Club, era stato eletto segretario generale della FA inglese nel 1870 [vedi]: a lui si deve l'idea di
organizzare dal 1871 la Football Association Challenge Cup – poi nota come FA
Cup (la più antica, e tuttora attiva, competizione calcistica) –, un torneo
competitivo ad eliminazione diretta che servì a superare il localismo entro il
quale erano sorte le pratiche calcistiche in Inghilterra negli anni cinquanta e
sessanta, e a offrire ai club una cornice di riferimento attraverso cui
diffondere le regole di gioco che la FA si era data, non senza dissensi e
scissioni, dal 1863: nello specifico, il regolamento della Challenge Cup fissò
per la prima volta il numero dei giocatori a 11 per squadra e la durata degli
incontri a 90 minuti.
Immagine di un match tra Scozia e Inghilterra a The Oval di Londra |
Prima
ancora di avanzare la proposta di istituzione della FA Cup, Alcock aveva promosso
una serie di partite tra giocatori inglesi e scozzesi appartenenti a club dell’area
di Londra, che si tennero dal marzo 1870 al febbraio 1872 allo stadio di cricket
di Kennington, noto come The Oval [vedi]. La maggior parte degli atleti era iscritta alla FA e pertanto gli
scozzesi risultavano piuttosto una “London Scottish side”: ciò suscitò le
critiche dei giornali di Glasgow ed Edimburgo, che lamentarono l’assenza di
giocatori attivi in Scozia. Da qui la decisione di Alcock di inviare a Glasgow una
squadra inglese per affrontare una rappresentativa scozzese locale: la partita
fu fissata per il sabato 30 novembre 1872 – festa del patrono di Scozia,
sant’Andrea – alle 2 p.m., all’Hamilton Crescent, il campo di cricket del West
of Scotland Cricket Club, nel quartiere di Partick a Glasgow. Il costo del
biglietto per assistere al match fu fissato in uno scellino, la stessa cifra
che era stata richiesta qualche mese in occasione della prima finale della FA
Cup [vedi].
Cuthbert Ottaway, primo capitano della nazionale inglese |
Ad
accettare la sfida – in assenza di una associazione scozzese – era stato il
club più importante, il Queen's Park FC di Glasgow, che schierò sotto le
insegne della Scozia un proprio XI, anche perché andò a vuoto il tentativo di
ingaggiare alcuni giocatori che militavano nei club londinesi dei Wanderers e
dei Royal Engineers: a selezionare i giocatori fu il capitano Robert W. Gardner
(l’Alcock scozzese, destinato a essere eletto, di lì a poco, primo presidente della Scottish
Football Association). La rappresentativa inglese fu invece assemblata da Alcock
radunando giocatori provenienti da nove diversi club affiliati alla FA: lui
stesso avrebbe potuto scendere in campo, ma essendo reduce da un infortunio si
limitò a fungere da assistente dell’arbitro, William Keay (che era il tesoriere
del Queen's Park FC), insieme a Henry Norris Smith, il presidente del club
scozzese. Capitano dell’Inghilterra fu invece il forward Cuthbert Ottaway [vedi].
Lo schieramento tattico |
Le
parti si accordarono per giocare secondo le regole della Football Association
(cui il Queen's Park FC aveva aderito, giungendo alle semifinali della prima Challenge
Cup). Non si hanno notizie sulle misure del campo di gioco, ricavato da quello
di cricket: certamente le porte non avevano la traversa ma un nastro di stoffa
che congiungeva i pali a 8 piedi (2,43 metri) di altezza, e non erano ancora
previste le reti di contenimento. Al portiere era riconosciuta la possibilità
di toccare la palla con le mani. Valse anche la regola introdotta nel 1866, che
aveva ridotto a 3 i giocatori che dovevano trovarsi tra la porta e l’attaccante
avversario perché questo fosse regolarmente in gioco. La Scozia si schierò con
due terzini davanti al portiere e due mediani alle spalle di sei attaccanti (in
una sorta di 2-2-6): in questo modo era la linea dei terzini a dettare quella
del fuorigioco, mentre l’avanzata degli attaccanti avversari era intercettata
in prima battuta dai mediani. L’Inghilterra si dispose in modo più spregiudicato
piazzando davanti al portiere un unico terzino, mentre un mediano era aiutato
da un fly-kick che arretrava dal lato
destro della linea di attacco per aiutare la fase difensiva: in questo modo la
linea del fuorigioco inglese finiva con l’essere più alta di quella scozzese [Cfr.
la ricostruzione tattica di J. Wilson, La piramide rovesciata, pp. 31-33].
La divisa scozzese |
L’inizio
del match fu posticipato di oltre quindici minuti nell’attesa che la nebbia che
gravava sull’Hamilton Crescent si alzasse un po’. La giornata era brumosa e
faceva seguito a tre giorni di pioggia fittissima che avevano reso molto
pesante il terreno di gioco. Nonostante le avverse condizioni meteorologiche,
gli spettatori paganti furono oltre 2.500 per un totale di 3.000 (le signore
entrarono gratis) e un incasso di 109 sterline. Un afflusso notevole, tenuto
conto della stagione e se confrontato con quello fatto registrare il 16 marzo
precedente per la prima finale della FA Cup, all’Oval di Londra, che raccolse
solo 2.000 spettatori. I giocatori scozzesi indossarono maglie blu scuro (il
colore del Queen's Park) con uno stemma con una cresta di leone, pantaloni alla
zuava bianchi e berretti rossi, gli inglesi una tenuta completamente bianca con
lo stemma dei tre leoni e cappelli blu.
La divisa inglese |
Nei
giorni successivi alcuni giornali di Glasgow e di Londra pubblicarono dei
resoconti della partita, che lasciano intuire quale ne fu il corso. Come fu
osservato, i giocatori scozzesi pagavano una differenza di peso notevole
rispetto ai più fisici avversari inglesi, che mostrarono invece un ritmo di
gioco più elevato. Ciò indusse gli scozzesi ad attaccare con maggiore velocità e
brillantezza nel corso del primo tempo, approfittando anche del fatto che,
militando tutti nel medesimo club, si conoscevano bene. La ripresa fu invece
equilibrata e gli attaccanti inglesi finirono col mettere sotto pressione la
difesa scozzese: a un certo punto si unì a loro anche il portiere Robert Barker
che scambiò il posto con il forward William
Maynard. Agli scozzesi, nel primo tempo, fu annullato un gol perché la palla
aveva tranciato il nastro che fungeva da traversa, e nei minuti finali dell’incontro
Robert Leckie colpì nuovamente la fettuccia che rimase stregata per la squadra
del nord. Il “Bell's Life in London, and Sporting Chronicle”
scrisse di “a splendid display of football in the really scientific sense of
the word, and a most determined effort on the part of the representatives of
the two nationalities to overcome each other”. Al fischio finale, nonostante
l’assenza di gol (una circostanza inusuale destinata a riproporsi due sole
altre volte nei 110 match tra le due nazionali), il pubblico tributò un
triplice urrà ai giocatori [citazione].
Illustrazione a disegno delle fasi della partita |
Dai
resoconti non sembra emergere la diversa idea di gioco che proprio in quegli
anni stava cominciando a caratterizzare come due scuole diverse quella inglese
– dedita al dribbling game, vale a
dire all’avanzata palla al piede, secondo l’estro individuale, e al gioco di
sfondamento – e quella scozzese – orientata al
passing game, vale a dire al passaggio e al lancio in profondità, in breve
a un gioco collettivo, più coordinato e fatto di combinazioni. Ma, al di là
della partita, le differenze nello stile di gioco erano destinate ad accentuarsi
e a prendere rilievo in quella che sarebbe stata, da lì a pochi anni, la vera
eredità di questo primo incontro internazionale, vale a dire l’avvio della
prima competizione calcistica riservata a squadre nazionali.
Immagine di un match tra Scozia e Inghilterra del 1875 Si noti la traversa in nastro di stoffa |
Il
Queen's Park FC promosse infatti nei mesi successivi la formazione della
Scottish Football Association, siglata il 13 marzo 1873 insieme ad altri otto
club. A essa seguì la fondazione della Football Association of Wales nel 1876
e, infine, della Irish Football Association nel 1880. Ogni associazione puntò
ad organizzare le proprie attività intorno a un torneo ricalcato sul modello
della FA Challenge Cup e a favorire l’organizzazione di match internazionali
tra le rispettive rappresentative. Nel dicembre del 1882 i quattro organi di
governo si accordarono per stabilire delle comuni regole di gioco, dando vita a
un organismo permanente, l’International Football Association Board (tuttora
custode del regolamento), e al primo torneo da giocarsi tra le cosiddette “Home
Nations”, vale a dire il British Home Championship. A cadenza annuale, il
torneo interbritannico tra Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda (dal 1921 la
sola Irlanda del Nord), durò un secolo dal 1884 al 1984, e a vincerne la prima
edizione furono gli scozzesi [vedi].