28 giugno 1954
Ungheria-Brasile, quarto di finale della Coppa Rimet disputata in Svizzera nell'estate del 1954. Si gioca al Wankdorfstadion di Berna, teatro designato della finale. Pozzo è presente, il match è durissimo, uno dei più duri e cattivi nella storia della competizione. L'Aranycsapat, priva di Puskas, ne viene a capo, e Monsù ritiene sia un segno. Le cose poi andranno diversamente. Quanto al Brasile, finiva a Berna la prima fase della sua storia, e si avviava a costruirne una assai più gloriosa.
Berna, lunedì sera.
Addio desiderio di pace ad ogni costo, addio spirito sportivo e paterna tolleranza per evitare lo scandalo. La tempesta è scoppiata con violenza, e tutta in una volta. Tempesta vera e propria, con tre giocatori espulsi, con due rigori, con caccia all'uomo sul campo, con mischia finale a base dì bottiglie sulla testa al momento dell'entrata negli spogliatoi, con fotografi a gambe all'aria, poliziotti picchiati e giocatori e dirigenti magiari sanguinanti per ferite alla testa. La battaglia è stata vinta dall'Ungheria, e se essa non ha perso questa volta vuol dire che non perderà proprio mai. Vuol dire che il campionato del mondo lo ha già praticamente riportato.
Si pensi. Un undici ungherese che entra in campo senza il suo capitano Puskas, che dopo una mezz'ora ha la sua ala destra Toth II ridotto a far da comparsa per uno strappo muscolare, e che più tardi viene ad essere privato per espulsione del suo uomo migliore, il mediano Bozsik, e vede l'incontro trasformarsi in una rissa, in cui la sua tecnica naufraga e scompare. E pur supera le vicissitudini della burrasca con fermezza d'animo, dando prova di una calma e di una freddezza impressionante nel momento in cui maggiormente viene a trovarsi in pericolo. No, questo incontro, che è stato il peggiore che abbiamo visto disputare dall'Ungheria da anni a questa parte, è quello che maggiormente ci ha convinto della potenza e del valore della sua squadra. E' nelle avversità che si giudica di quale metallo siano forgiati gli uomini.
Sorpresa all'annuncio della formazione delle due squadre, che presentano ambedue notevoli modificazioni all'attacco. E sorpresa maggiore ancora all'inizio della partita. L'Ungheria segna subito, e all'8' minuto di già si trova in vantaggio per 2 a 0. Al 4' minuto, con mischia sulla soglia della porta brasiliana in seguito a un calcio d'angolo, pare debba segnare Toth II, ma la palla viene respinta fortunosamente: la riprende Hidegkuti, che ha sempre gli occhi aperti sulle situazioni buone, e spedisce in rete da pochi passi. Quattro minuti più tardi avanza Bozsik sulla destra: si ferma, vede Kocsis lontano, tutto solo sulla sinistra, al di là dello sbarramento centrale lo raggiunge con un passaggio alto d'una trentina di metri e forse più. Kocsis salta e depone la palla in rete, fuori della portata del portiere. Non si sa cosa ammirare maggiormente, se la precisione di quel lungo passaggio, che ha costituito l'idea dell'azione, o la fulminea risposta di quel colpo di testa.
Trovarsi così presto in svantaggio per due reti irrita visibilmente i brasiliani. Comincia la reazione, che è spesso una ritorsione. Falciate e colpi bassi fanno la loro apparizione. L'arbitro inglese Ellis è attento e meticoloso e ha il suo daffare. Controlla, ferma, ammonisce, ma i falli, spenti di qua, saltano fuori di là come i «fuochi folletti». Nulla di eccezionalmente grave, comunque, nel primo tempo. I magiari sono presi in velocità, ché i brasiliani corrono come dei dannati, e al 19' minuto Lorant, per non lasciarsi andar via Indio, lo sgambetta in area. Pronto rigore. Tira Dialma Santos e realizza con una gran legnata.
Verso la mezz'ora l'ala destra ungherese Toth II si becca uno strappo a una coscia e si riduce a fare da comparsa per il rimanente dell'incontro. Due a uno per i magiari a metà tempo.
Il bello, nel senso drammatico del termine, viene dopo. I brasiliani lottano come dei disperati, arrivano sempre primi sulla palla e nei corpo a corpo non fanno complimenti. Il pareggio pare debba giungere da un momento all'altro, tanto frequenti sono le ondate offensive. Ma si tratta di irruenza più che d'altro, e al 16' minuto, su un contrattacco dei magiari, l'arbitro sorprende un difensore a dare un calcio a un avversario e concede anche stavolta la punizione massima. Eseguisce [sic] e realizza il terzino sinistro Lantos. Passano cinque minuti di gioco nervoso e l'ala destra brasiliana diminuisce le distanze con un magnifico tiro tagliato che colpisce il lontano montante e fa schizzare la palla in rete.
Bufera allora. L'arbitro sorprende il terzino Nilton Santos e Bozsik a scambiarsi colpi liberi, e li espelle entrambi. Non dimentichiamolo, Bozsik è un giocatore ma anche un deputato, è il primo membro di un Parlamento che venga espulso da un campo di gioco.
Continua l'offensiva sudamericana e due tiri consecutivi sono respinti dai pali della porta ungherese. Violenze su violenze, scorrettezze su scorrettezze. Viene espulsa anche la mezz'ala brasiliana Humberto. I sudamericani, persa decisamente la testa, rincorrono spesso gli avversari per il campo sferrando calci. I magiari rispondono anche, ma organizzatamente [sic], inscenano le loro offensive per perder tempo. Su una di esse Kocsis sfonda sulla destra, centra a mezza altezza e Toth I riprende di testa e segna. Quattro a due ad un paio di minuti dal termine.
Il risultato può considerarsi ormai al sicuro. Ma sono le scenate quelle che continuano. Vediamo Kocsis gareggiare di destrezza con due avversari che gli sparano calci da tutte le parti. Senza palla, il campione ungherese salta, corre, evita in modo magistrale tutte le entrate: la più utile fuga della sua carriera.
Echeggia il fischio finale. All'entrata del passaggio per gli spogliatoi un fotografo sud-americano abbatte con un perfetto colpo di lotta libera un poliziotto svizzero. E' il segnale. Il poliziotto si rialza furioso, e la sua reazione viene bloccata dal vigoroso abbraccio del portiere Castilho, mentre il colpevole se la dà a gambe.
Più avanti, cioè sulla porta degli spogliatoi, avviene la scena madre. Puskas, che attende in quel punto i compagni, incontra per primo un avversario, Pinheiro. I due discutono un istante, in magiaro e in brasiliano, senza capirsi naturalmente. Con le mani si comprendono meglio, e si accapigliano furiosamente. Il magiaro colpisce il brasiliano alla testa con una bottiglia. Allora "zuffa magna". Pugni, calci, morsi, sgambetti, come se si fosse ancora sul campo, fotografi e relative macchine a gambe all'aria, vetri rotti, un pestaggio formidabile.
Quando si tirano le somme parecchie teste sanguinano, fra cui anche quella del dirigente supremo magiaro Szebes, e quelle di Czibor e di Toth. Parecchi degli agenti svizzeri che sono quelli non della città, ma della polizia militare, sono malconci anch'essi, ma cercano, secondo gli ordini ricevuti, di drammatizzare la cosa il meno possibile. I cocci sono di chi le ha prese. E gli ungheresi, appena possono, salgono in autobus e ritornano al loro quartier generale a Solothurn, senza voler parlare con nessuno.