Impattato un po' malamente l'esordio con i bulgari, gli azzurri scesero (di duecento metri, da 2.400 a 2.200 slm) a Puebla per giocare con l'Argentina la seconda partita del mondiale messicano del 1986, il 5 di giugno. La squadra era ormai una pallida parente di quella che aveva inopinatamente vinto il Mundial quattro anni prima, avviando la propria cavalcata proprio contro l'Albiceleste. Ma allora a guidare gli argentini c'era un vanesio come César Luis Menotti. Adesso sostituito dal pragmaticissimo Carlos Bilardo.
In gran forma, Gianni Brera dettava un mesto ma esilarante 'pezzo' a "La Repubblica", che riproponiamo
Spillo dal dischetto |
Puebla - Ci telefonano da Roma: l'intera nazione è stata scossa dalla mediocrità dei suoi paladini in azzurro; giova tranquillarla, con argomenti adeguati, oppure dichiararle, fuori dai denti, che di più non si puole sperar. Il primo impulso è di tornare a letto, poi di salvarsi nell'ironia, anzi nel sarcasmo. Deh, come è vero che non vi è nulla di più inedito della carta stampata! O non si capiva che le nostre cronache erano rattenute dal pudore, che le nostre speranze erano - come dire? - un tantino coatte? Il cuore voleva, la ragione protervamente escludeva! Che vi aspettavate, di grazia? Il bravissimo Bearzot ha compicciato una zattera non malvagia, però del tutto priva di punti forti. Questa zattera è stata mollata in acque non proprio chiare e tranquille. Ha dato subito prova di essere compatta la sua parte. Fuor di metafora, ha segnato un bel gol sbagliandone altri sei: e nel finale si è lasciata infilare dalla proterva cornata di un bulgaro.
Poi si è fatta avanti l' Argentina, zeppa di oriundi incarogniti dal sangue misto. Avevo personalmente una paura folle. Per me è andata benissimo, per la nazione civile (sic) mi dicono malissimo. Quel gioco esitante, quella cronica mancanza di idee, quei timidi passaggi a lato o addirittura indietro. Che figura era quella, per dei campioni mondiali? Molto bene espresso lo sdegno, ancor meglio la delusione. Ma che lingua si è parlata finora? Che prodezze si aspettava la popolazione civile da grilli vivaci e salterini quali Galderisi, De Napoli, Di Gennaro? Finora ha fatto faville il lungo e quasi dinoccolato Altobelli, argutamente chiamato Spillo, che non ha mai saputo con precisione dove i suoi piedi lunghi e distanti mettessero palla. Se lui è il migliore, degli altri che sarà mai? Conti suona l' arpa, strumento assai difficile, e se le sue mani sono un po' intorpidite, le corde si confondono al multiplo tatto: pensa la perifrasi, per dire con qualche eufemismo che non è in forma, il nostro prodigioso omino! Di Gennaro si comporta da mite impiegato di concetto dove occorrerebbero genio e potenza. De Napoli è la felice invenzione di un giorno (sento che farà faville con i ranocchi coreani). Il grande portiere non è ancor nato, o se è nato siede in disparte. Scirea incanta per la misura, che nei vecchini vuol dire anche impotenza. Cabrini non osa un tackle e neppure un'affondata. Bagni è genio e sregolatezza. Bergomi ligneo e gnocco, nei suoi furori agonistici. Vierchowod, il bergorusso, muove pietre granitiche in forma di piede: bello e possente quando salta, recupera, anticipa, però granitico di piede, e sordo.
Ora, da questa amata accozzaglia di semplici, pretendeva la popolazione civile che uscissero meraviglie di gioco? Quale ingenua fedeltà alla storia passata (è il nostro vero guaio): quella recente è misera e quasi infelice: perdiamo in casa con sopravvivenze vichinghe intronate di grasso e di presunzione, buschiamo dagli orgogliosi polacchi, dai superbi tedeschi e seguitiamo imperterriti a considerarci campioni del mondo? Vale un tantino del ducione, che vedeva quadrate legioni nei disoccupati con la berretta nera e il fiocco spenzolante. Dice adirato: e tu, perchè non lo scrivi?
Ricordo il messaggero che recava la notizia della caduta di Damasco: il gran sultano lanciò un grido deluso e sguainò la draghinassa: il messaggero giacque sbudellato. Si dà anche questo fenomeno da noi: che se tu pretendi di riferire il vero in materia di misteri agonistici, subito sollevi lo sdegno dei benpensanti e beneamanti. Così tenete, o genti: questo vi prodigo. Io non ci credo e lo dico, ma costringo l'adusato cerebro a credere obbedire e combattere.
Con l'Argentina abbiamo preso un mucchio di calci, peraltro restituiti male. L'arbitro ci ha subito concesso un rigore (visto dagli altri in tivù) ma gli argentini non ci hanno concesso altro. La disposizione della squadra era visibilmente sbagliata. Il solo centrocampista di classe è stato sottratto ai suoi compiti per vigilare su un amico-nemico: sono gli inconvenienti della pedata multinazionale. Bagni non ha picchiato né tenuto Maradona. Gli altri due cirenei, Di Gennaro e De Napoli, sono morti tra tre avversari, a volte quattro, tutti più bravi di loro. Era libero Giusti, che Cabrini non marcava, stando in zona. Doveva aggredire Maradona un difensore di istinto e di carriera (Bergomi, Vierchowod), doveva giocare Collovati al posto di Cabrini che non poteva marcare Valdano nè altri ...
Vedete ora come è facile dirlo, stando seduti e tranquilli. Ma ponetevi nei panni del ct Bearzot. Cabrini è uno dei pilastri, diciamo dei tronchi che danno peso e vigore alla zattera. Così rimane, guai a chi lo tocca: una squadra non è fatta di sole pedate, bensì di sentimenti, di affetto, di stima, di rispetto. Dunque gioca Cabrini e tutta l'impostazione difensiva salta: il centrocampo è sballato, Di Gennaro e De Napoli fanno brutta figura, Conti coglie un palo a porta spalancata e poi si arrabbia se lo sostituisce Vialli; Bergomi si fa ammonire e quindi squalificare; Galli non esce in tempo sul pallonetto con il quale Valdano ha scatenato a rete la furia demoniaca di Maradona.
Con tutto questo, cara popolazione civile, sperare aiuta e conviene. Bearzot confermerà la squadra con Collovati al posto di Bergomi e con Serena, altissimo, se la partita andrà per versi non propri giusti. Insomma, questo mi sento di garantire con qualche intimo orgoglio: spezzeremo le reni alla Corea del Sud! Poi, veh, andremo dove potremo. Bearzot ha confidato al vostro umile servitore di sperare in un quarto posto quest'anno e in un primo posto nel '90: sempre se in quell'anno si faranno i campionati mondiali: perché il nostro non è il paese delle fate e questi anni sembrano pochi per rifarne e completarne le attrezzature sportive. Eppure, madame la marquise, tout va très bien.
"La Repubblica", 7 giugno 1986