La Quinta de Cobi

Cobi
L'età dell'oro dello sport spagnolo ha origine, secondo l'opinione comune, nel 1992. Tra i maggiori sostenitori della tesi ricordiamo Santiago Segurola, definito in patria il miglior cronista sportivo spagnolo di tutti i tempi: recentemente egli affermava che la scintilla del boom fu originata dalle 22 medaglie dei Giochi Olimpici di Barcellona (a Seul '88 furono solo quattro). Tra i vari successi, si commemora in particolar modo la medaglia d'oro nel torneo di calcio, conquistata da una rosa under-23 che annoverava volti poi internazionalmente noti come Cañizares, Kiko, Guardiola, Luis Enrique, Ferrer. L'8 agosto del 1992, un Camp Nou gremito da 95.000 sostenitori forniva alla Roja l'impulso necessario per abbattere la solida compagine polacca e portare a termine l'impresa degli uomini agli ordini del ct Vicente Miera Campos. Da quel momento – commenta Segurola in Héroes de nuestro tiempo (2012) – "l'episodico ed eccezionale si trasformò in qualcosa di affidabile e sostenibile". Dietro tutto ciò stava, meno romanticamente, un massiccio investimento statale in strutture adeguate e il programma della ADO (Asociación Deportes Olímpicos), che sostenne gli atleti nazionali impegnati nelle varie discipline sportive.

Verona, Stadio Bentegodi, 26 giugno 1990: la punizione di Stojković
Poche speranze di successo erano riposte nella nazionale olimpica: gli anni Novanta erano stati indiscutibilmente avari di soddisfazioni per la superba tifoseria spagnola. Il 26 giugno 1990 due reti di Dragan Stojković sancivano l'eliminazione della Nazionale maggiore agli ottavi di finale di Italia '90, ad opera della Jugoslavia (al Bentegodi di Verona, quello che sarebbe diventato il nuovo stadio del talentuoso Stojković un anno dopo, nella sua breve esperienza italiana all'Hellas).
Nonostante la doccia fredda della punizione di Dragan nel primo tempo supplementare (93'), Luis Suárez Miramontes (El Arquitecto) viene inizialmente confermato commissario tecnico delle Furie Rosse; la scelta condurrà alla catastrofe degli Europei svedesi del '92, quelli segnati dalla guerra dei Balcani, dall'esclusione della Jugoslavia e dall'inaspettato trionfo di una ripescata Danimarca: una Spagna già frustrata – snobbata come candidata ad ospitare il prestigioso torneo – fallisce il passaggio alle fasi finali, nonostante l'avvicendamento al vertice tra Luisito e Vicente Miera.

Vicente Miera Campos
nel Real Madrid 
(1961-1969)
Un passato da arcigno difensore del Real Madrid e un palmarés di tutto rispetto (sette campionati, una Coppa Campioni e una Copa del Generalísimo, convenientemente tramutata in Copa del Rey dopo la morte del Caudillo) non sono sufficienti a raddrizzare la fase di qualificazione, già compromessa dalle sconfitte subite contro Francia e Cecoslovacchia nella gestione Suárez. Il 25 settembre 1991 il dramma sportivo si consuma a Reykjavik, con un imbarazzante Islanda-Spagna 2-0: talenti indiscussi del calibro di Sanchis, Míchel, Martín Vázquez, Zubizarreta e Butragueño sono costretti a inchinarsi ai goals di pedatori pressoché sconosciuti: Örlygsson e Sverrisson. È un colpo letale per la Quinta del Buitre, la talentuosa generazione di atleti prodotti dal vivaio del Real Madrid, ormai in lento ma inesorabile declino e preparata, suo malgrado, al passaggio di consegne alla massima espansione planetaria dei GalácticosMiera paga il conto del tracollo con il degradamento: sostituito alla guida della nazionale maggiore dal polemico nazionalista basco Javier Clemente, il cantabrico viene dirottato alla selezione olimpica, capitano di una spedizione senza aspettative, incapace di far sognare i propri tifosi. 



La Quinta del Buitre: Emilio Butragueño Santos, Miguel Pardeza Pichardo, 
José Miguel González Martín del Campo (Míchel), 
Manuel Sanchís Hontiyuelo, Rafael Martín Vázquez
Nel giorno che precede la cerimonia inaugurale di Barcellona, un Mestalla semivuoto ospita il primo agevole match: il gioco spagnolo, compassato ma capace di brusche ed efficaci accelerazioni e contropiedi fulminanti sbaraglia con un rotondo 4 a 0 la minacciosa Colombia di Harold Lozano, Faustino Asprilla e Víctor Aristizabal in un incontro più spigoloso del necessario, con due espulsioni per parte. Sbrigata la formalità degli altri due incontri con Egitto e Qatar, giunge lo scoglio più temuto: i quarti di finale contro la fresca campione d'Europa Under 21, l'Italia di Cesare Maldini, Albertini, Dino Baggio, Melli. Una partita brutta e nervosa, sostanzialmente dominata da una Spagna manifestamente superiore.

Barcelona, Camp Nou, 8 agosto 1992
Spagna-Polonia: l'abbraccio tra Kiko e Ferrer
La passeggiata in semifinale col Ghana è il riscaldamento giusto per l'ultimo gradino, lo scontro finale contro i sorprendenti pari età polacchi. Il re don Juan Carlos e la regina Sofia giungono al Camp Nou in elicottero, tra primo e secondo tempo – dopo aver celebrato l'oro dei 1500metri di Fermín Cacho nello Stadio Olimpico di Montjuic – per assistere ai goals di Kiko e al trionfo di quel gruppo di giovani ed effimeri eroi, da quel momento ribattezzato La Quinta de Cobi, in onore alla mascotte dei Giochi, il pastore catalano-cubista nato dalla penna del designer Javier Mariscal.

Duca