13 novembre 1933
Per la decima di andata del campionato di Serie A la Juventus è attesa dall'Ambrosiana-Inter all'Arena. I milanesi sono imbattuti, in cima alla classifica con due punti di vantaggio sui rivali. E' il match-clou della giornata e, forse, della stagione.
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L'incontro fra i campioni d'Italia ed i loro più diretti rivali non ha tradito l'attesa. La gara è stata una delle più belle a cui abbia dato luogo il campionato di quest'anno. Un pubblico immenso ha assistito alla prova. Milano è una delle città d'Italia che meglio risponde all'invito degli spettacoli del calcio. La folla che gremiva ieri gli spalti dell'Arena era degna di un incontro internazionale. Ressa in tribuna, nei posti distinti, sulle gradinate popolari, ressa perfino sugli alberi e sugli impianti pubblicitari che circondano l'anello della costruzione napoleonica; uno spettacolo offerto dalla sola imponenza del pubblico. Anche l'incasso fu d'eccezione: 388.000 lire!
Superbo concorso di folla
La giornata era fredda coperta e brumosa e la visibilità certo non ideale. Il terreno si presentava, al solito, in ottime condizioni. La gara ebbe inizio con circa un quarto d'ora di ritardo sull'orario prestabilito, e le due squadre si allineano in campo nella seguente formazione:
Juventus: Combi; Rosetta e Caligaris; Varglien I, Monti e Bertolini; Varglien II, Cesarmi, Borel II, Ferrari ed Orsi.
Ambrosiana: Ceresoli; Agosteo ed Allemandi; Pitto, Faccio e Castellazzi; Frione, De Manzano, Meazza, De Maria e Levratto.
Dalla composizione solita delle due unità mancava, quindi, un elemento in ognuno dei due casi: Sernagiotto, tutt'ora indisposto, per i torinesi, era sostituito da Varglien secondo, e Serantoni, in quarantena per squalifica per i milanesi, era rimpiazzato da De Manzano.
La direzione della partita era affidata all'arbitro Dattilo, di Roma. Le prime schermaglie furono di iniziativa milanese, ma la prima offensiva venne portata dai torinesi. Giuoco vivace, sciolto e, cosa molto simpatica, privo di rudezze o di scorrettezze. Il paio di occasioni favorevoli che l'Ambrosiana doveva veder maturare nel corso del primo tempo, si presentarono subito dopo qualche minuto di giuoco, ed ambedue ebbero Meazza per protagonista. Nella prima, il «Balilla» sparò direttamente nelle braccia di Combi; nella seconda egli esitò di quel tanto che bastò per non poter più sgusciare fra i terzini e per vedersi bloccar la via da Caligaris.
Verso il quarto d'ora, la Juventus aveva snodato il suo giuoco. Giuoco fluido, scorrevole, che portava ad un predominio tattico. La squadra pareva in vena ed effettivamente si portava bene. Teneva l'attacco con prevalenza, ma non si scopriva affatto in difesa. Si muoveva come un tutto unico, come un blocco compatto. Particolarmente Meazza era fatto oggetto di assidua e continuata vigilanza.
Nel confronto l'Ambrosiana non scapitava affatto per quanto riguarda estrema difesa e seconda linea. Questi due settori della compagine, pur lavorando in modo più sconnesso di quanto avveniva presso i bianconeri, si mostravano pienamente all'altezza della situazione. Arginavano, bloccavano, difendevano a dovere. L'attacco, viceversa, risultava a lunghi tratti tagliato fuori d'azione, e quando in azione poteva entrare, non aveva legame, né era incisivo. Come conseguenza di questo andamento delle cose, i milanesi più non giungevano in tutti i quarantacinque minuti ad esser pericolosi che due volte a mezzo di un'azione tipo catapulta che veniva respinta da Rosetta sul limite della porta dapprima, ed a mezzo di una fuga dell'ala destra Frione in seguito. Viceversa, i juventini giungevano con qualche frequenza a minacciar la rete difesa da Ceresoli. Ma sia per precipitazione nel tiro, sia per virtù dell'energia avversaria, sia per la tendenza ad elaborare lo stadio conclusivo delle avanzate, nessun risultato concreto veniva raggiunto. Era Orsi che, trovatosi solo davanti a Ceresoli, con tre quarti della porta a sua disposizione, tirava proprio nelle mani del portiere; era Borel che teneva la palla più del necessario; erano Varglien II o Cesarini che sparavano alto. Così si giungeva al riposo di metà tempo senza nulla di fatto.
Tanto fa avaro di punti il primo tempo, come ne fu prodigo il secondo. Tre minuti dall'inizio della ripresa ancora non erano passati che già la serie era aperta. Pallone spiovente dall'alto sul limite dell'area di rigore torinese, Meazza sta in attesa, a stretto contatto con Caligaris. Il terzino vuol arrestare la palla col petto per poi rinviare. La traiettoria lo inganna: Meazza gli sguscia a lato e, stretto da vicino come è, non può se non deviare il pallone verso il lontano angolo della rete, sulla sinistra del portiere. Pare che la palla debba uscire a lato: invece il taglio la fa deviare, rimbalzar sul montante e cader in rete, fra la sorpresa dei difensori che marcarono tutti un tempo d'aspetto nella fiducia che la situazione si risolvesse senza danno. Uno a zero per l'Ambrosiana.
Dieci minuti di giuoco tecnico, ma meno ordinato che nel primo tempo, ed il movimento di botta e risposta dei palloni in rete si ripete. Al 16' minuto un centro alto giunge dall'ala sinistra ambrosiana. Combi, assediato da una piccola folla di giuocatori, non può far la presa e salta per deviare a lato. La palla schizza dal palo trasversale verso la destra. Frione giunge in corsa, colpisce al volo ed infila l'angolo lontano della rete. Nulla da fare contro tale tiro. Due ad uno per l'Ambrosiana.
Forte reazione juventina, che dà subito i suoi frutti. Al 21' minuto, mentre i bianconeri dominano, Monti serve Varglien I. Questi avanzai di qualche passo, accenna a passare ad un compagno ed invece spara improvvisamente in porta di sinistro. Il tiro, eseguito da qualche metro fuori dell'area di rigore, ha successo: la palla va a finire esattamente nell'angolo alto della rete, sulla destra di Ceresoli. Fin lassù il portiere, che aveva la visuale coperta per quanto riguarda l'avversario che eseguiva il tiro, non poteva arrivare. Due a due. Ancora una volta tutto da rifare.
Il giuoco perde ora in bellezza tecnica per acquistare in accanimento. Un milanese spara in porta uno splendido tiro, che Combi para magistralmente; Borel riceve un duro colpo da Faccio; Varglien II è già da tempo ridotto a far la parte della comparsa per una ginocchiata ricevuta da Castellazzi; Castellazzi stesso viene atterrato da Cesarini. Pare che l'incontro debba chiudersi così su quel risultato pari a cui l'andamento delle ostilità conferirebbe cararattere di precisione e di giustezza.
Ma, a cinque minuti dal termine regolamentare, interviene la decisione. I milanesi hanno da poco cambiato formazione al proprio attacco: De Manzano è passato all'ala sinistra, Levratto al centro. Meazza alla mezz'ala destra. De Manzano fugge improvvisamente e poi centra con precisione. Levratto, comandante della prima linea improvvisato, si trova ben piazzato, riprende e spara. Il tiro non è di gran violenza, ma Combi, còlto alla sprovvista o forse impedito di vedere l'avversario, si getta in tuffo in ritardo, e non può impedire alla palla di varcare la linea della porta. Questo il punto che decide delle sorti della giornata.
Da questo momento, l'Ambrosiana, galvanizzata dal successo, giuoca con maggiore franchezza e domina. Abbiamo detto che il punto della vittoria fu segnato a cinque minuti dal termine regolamentare della partita. Cioè perchè la partita stessa ebbe il suo termine ufficiale tre o più minuti dopo lo scadere del tempo, per il prolungamento concesso dall'arbitro a seguito delle interruzioni per ferite ai giuocatori.
Fu una bella partita disputata fra due belle squadre. Un risultato pari avrebbe certamente meglio corrisposto all'andamento del giuoco. La Juventus ebbe il predominio tecnico e tattico nel primo tempo, l'Ambrosiana sfruttò le situazioni che le si presentarono nella ripresa: i torinesi giuocarono con maggior ordine e miglior stile, ed i milanesi diedero prova di energia, di coraggio ed in certi momenti anche di spirito pratico superiore. I due avversari si sono equivalsi.
Il primo tempo della Juventus destò una grande impressione. La squadra seppe attaccare a fondo senza lasciarsi mai cogliere scoperta in difesa. Mobilità, prontezza di smarcamento e continuità di contatti fra linea e linea dell'unità risolvevano il problema. Meazza non fu abbandonato a sè un solo momento; se Monti partiva in avanti per lavoro costruttivo, o Caligaris o Rosetta prendevano immediatamente il posto di sentinella vicino al centro avanti milanese. Colla palla a terra, i juventini potevano sgranar le loro azioni con frequenza e continuità. Solo neo, quello del tocco finale agli attacchi. Giunta all'area di rigore, pareva che la squadra non forzasse le cose o non avesse estrema cura della precisione. Borel solo tentava di tanto in tanto la via del successo colla caparbietà dovuta. Orsi, per citare un esempio, non avrebbe dovuto mancare l'occasione che gli si presentò nel primo tempo: il suo stile di una volta lo avrebbe portato a prender di mira il lontano angolo della rete invece che a sparare, come ipnotizzato, nelle mani del portiere che stava in attesa a due passi.
Alla ripresa, i bianco-neri si lasciarono trascinare al giuoco alto, ed allora lo stile e l'efficacia della loro attività si modificarono subito in peggio. Varglien II scomparve presto dall'agone, e le azioni più non potendosi appoggiare che ad un'ala sola divennero di carattere più stretto e, quindi, più facili da controllare da parte dell'avversario. Ottimo il contegno della seconda linea da cima in fondo all'incontro. Degno di particolare segnalazione il primo tempo di Monti: il suo modo di servir la palla ai compagni con un colpo di testa dall'alto in basso fu una delle cose tecnicamente più pregevoli a cui abbia dato luogo l'incontro.
La squadra campione è caduta in piedi. In giornata sfortunata essa ha combattuto e ha ceduto da forte.
L'Ambrosiana ha cambiato un po' fisionomia in fatto di giuoco dalla scorsa stagione. I suoi atteggiamenti son meno tecnici di quello che erano una volta; sono però, in compenso, più efficaci. La prova di ieri non può, ad esempio, venir classificata tra le migliori che i nero-azzurri abbiano disputato o possano disputare in fatto di coesione, di legame e di armonia di azioni. Eppure l'unità non diede mai l'impressione di vacillare, nemmeno nei momenti in cui la macchina avversaria raggiungeva il suo ritmo più intenso di funzionamento. Essa tenne il campo con bella fermezza e serenità dal primo all'ultimo minuto della gara, studiandosi di sfondar gli ostacoli che l'oppositore elevava sulla stia via, invece che premere su di essi.
La squadra si basa su di una difesa che sa l'affar suo. Ceresoli è uno dei migliori portieri di cui si possa disporre in Italia al momento attuale. Ieri non fu particolarmente impegnato - contro il tiro di Borel non poteva far nulla e fino al pallone di Varglien I non poteva arrivare — ma il suo contegno generale ispira fiducia. Ha il fisico del ruolo: e alto, elastico, pronto nello scatto, sicuro nella presa.
I due terzini possono anche offrire il fianco a critiche per quanto riguarda alcuni particolari tecnici della loro condotta - vedasi, ad esempio, il tocco della palla di Allemandi - ma sono ben difficili da superare quando giuocano con la convinzione di ieri. Questi due terzini sono nel corso della partita ben sovente ... tre, tanto continuativo ed efficace è l'aiuto che loro dà Faccio. Il nuovo centro mediano nero-azzurro non è certo un magistrale costruttore od iniziatore di avanzate, né possiede la virtù di trovar con uno sguardo od un tocco solo il compagno smarcato, vicino o lontano. Ma un bel difensore, un distruttore di prima forza dell'opera altrui. E Pitto e Castellazzi completano a modo il blocco che dà garanzia di fermezza e solidità alla compagine: il ritorno in forma di Castellazzi, dopo la scialba stagione fatta lo scorso anno è, detto tra parentesi, uno degli aspetti più simpatici di questa edizione di squadra dell'Ambrosiana.
La prima linea era una volta quella che conferiva carattere a tutto il giuoco dei nero-azzurri. Il cambiamento sopravvenuto nella condotta tattica della squadra ha, forse, modificato un po' le cose. Ieri la prima linea non brillò di viva luce. Meazza era fatto oggetto di una speciale vigilanza da parte di avversari che lo conoscono, e mancava Serantoni, l'uomo che sa dare calore alla linea. Ma, anche tenendo conto di ciò, l'attacco non seppe mai elevarsi al livello tecnico che sarebbe nelle possibilità sue, dato il valore dei singoli componenti.
Nei confronti con la scorsa stagione, Levratto appare in non smaglianti condizioni di forma. Frione, viceversa, è migliorato ancora sulla palla: non avrà il temperamento del combattente, ma è un ottimo tecnico. Il ritorno in forma degli uomini che sono in ritardo in fatto di condizioni fisiche e nello stesso tempo il ritorno alla completezza dei ranghi della linea, dovrebbero dare all'Ambrosiana un settore di avanguardia tale da render la squadra ben difficile da battere. Finora, battuta essa non lo è stata, pur non avendo potuto disporre, in più di una difficile competizione, di tutti i suoi mezzi.
Come accennato, se si eccettua qualche rudezza del secondo tempo, l'incontro ebbe uno svolgimento regolare dal punto di vista della correttezza. Erano in campo diciassette nazionali e venti selezionati per rappresentative in genere, su ventidue giuocatori. Lo spettacolo di forza, di tecnica e di fermo volere che essi diedero, fu degno del calcio italiano.
Nulla di fatto nel primo tempo
Nel confronto l'Ambrosiana non scapitava affatto per quanto riguarda estrema difesa e seconda linea. Questi due settori della compagine, pur lavorando in modo più sconnesso di quanto avveniva presso i bianconeri, si mostravano pienamente all'altezza della situazione. Arginavano, bloccavano, difendevano a dovere. L'attacco, viceversa, risultava a lunghi tratti tagliato fuori d'azione, e quando in azione poteva entrare, non aveva legame, né era incisivo. Come conseguenza di questo andamento delle cose, i milanesi più non giungevano in tutti i quarantacinque minuti ad esser pericolosi che due volte a mezzo di un'azione tipo catapulta che veniva respinta da Rosetta sul limite della porta dapprima, ed a mezzo di una fuga dell'ala destra Frione in seguito. Viceversa, i juventini giungevano con qualche frequenza a minacciar la rete difesa da Ceresoli. Ma sia per precipitazione nel tiro, sia per virtù dell'energia avversaria, sia per la tendenza ad elaborare lo stadio conclusivo delle avanzate, nessun risultato concreto veniva raggiunto. Era Orsi che, trovatosi solo davanti a Ceresoli, con tre quarti della porta a sua disposizione, tirava proprio nelle mani del portiere; era Borel che teneva la palla più del necessario; erano Varglien II o Cesarini che sparavano alto. Così si giungeva al riposo di metà tempo senza nulla di fatto.
Tanto fa avaro di punti il primo tempo, come ne fu prodigo il secondo. Tre minuti dall'inizio della ripresa ancora non erano passati che già la serie era aperta. Pallone spiovente dall'alto sul limite dell'area di rigore torinese, Meazza sta in attesa, a stretto contatto con Caligaris. Il terzino vuol arrestare la palla col petto per poi rinviare. La traiettoria lo inganna: Meazza gli sguscia a lato e, stretto da vicino come è, non può se non deviare il pallone verso il lontano angolo della rete, sulla sinistra del portiere. Pare che la palla debba uscire a lato: invece il taglio la fa deviare, rimbalzar sul montante e cader in rete, fra la sorpresa dei difensori che marcarono tutti un tempo d'aspetto nella fiducia che la situazione si risolvesse senza danno. Uno a zero per l'Ambrosiana.
Il pareggio juventino
Passano due minuti, e di colpo la Juventus va al controattacco. Su una azione inscenata sulla sinistra, Borel fila via da solo. V'è nel suo scatto quella decisione di rimetter le cose a posto che non inganna. E Borel riesce. Pesca Agosteo a contropiede, lo scavalca, si gira ed ha la porta a disposizione. Il pallone viene spedito basso, in rete, quattro metri o più fuori della portata del braccio sinistro di Ceresoli. Uno a uno. Le due squadre ed i due centri attacco sono alla pari.Dieci minuti di giuoco tecnico, ma meno ordinato che nel primo tempo, ed il movimento di botta e risposta dei palloni in rete si ripete. Al 16' minuto un centro alto giunge dall'ala sinistra ambrosiana. Combi, assediato da una piccola folla di giuocatori, non può far la presa e salta per deviare a lato. La palla schizza dal palo trasversale verso la destra. Frione giunge in corsa, colpisce al volo ed infila l'angolo lontano della rete. Nulla da fare contro tale tiro. Due ad uno per l'Ambrosiana.
Forte reazione juventina, che dà subito i suoi frutti. Al 21' minuto, mentre i bianconeri dominano, Monti serve Varglien I. Questi avanzai di qualche passo, accenna a passare ad un compagno ed invece spara improvvisamente in porta di sinistro. Il tiro, eseguito da qualche metro fuori dell'area di rigore, ha successo: la palla va a finire esattamente nell'angolo alto della rete, sulla destra di Ceresoli. Fin lassù il portiere, che aveva la visuale coperta per quanto riguarda l'avversario che eseguiva il tiro, non poteva arrivare. Due a due. Ancora una volta tutto da rifare.
Il giuoco perde ora in bellezza tecnica per acquistare in accanimento. Un milanese spara in porta uno splendido tiro, che Combi para magistralmente; Borel riceve un duro colpo da Faccio; Varglien II è già da tempo ridotto a far la parte della comparsa per una ginocchiata ricevuta da Castellazzi; Castellazzi stesso viene atterrato da Cesarini. Pare che l'incontro debba chiudersi così su quel risultato pari a cui l'andamento delle ostilità conferirebbe cararattere di precisione e di giustezza.
Combi battuto per la terza volta
Ma, a cinque minuti dal termine regolamentare, interviene la decisione. I milanesi hanno da poco cambiato formazione al proprio attacco: De Manzano è passato all'ala sinistra, Levratto al centro. Meazza alla mezz'ala destra. De Manzano fugge improvvisamente e poi centra con precisione. Levratto, comandante della prima linea improvvisato, si trova ben piazzato, riprende e spara. Il tiro non è di gran violenza, ma Combi, còlto alla sprovvista o forse impedito di vedere l'avversario, si getta in tuffo in ritardo, e non può impedire alla palla di varcare la linea della porta. Questo il punto che decide delle sorti della giornata.
Da questo momento, l'Ambrosiana, galvanizzata dal successo, giuoca con maggiore franchezza e domina. Abbiamo detto che il punto della vittoria fu segnato a cinque minuti dal termine regolamentare della partita. Cioè perchè la partita stessa ebbe il suo termine ufficiale tre o più minuti dopo lo scadere del tempo, per il prolungamento concesso dall'arbitro a seguito delle interruzioni per ferite ai giuocatori.
Fu una bella partita disputata fra due belle squadre. Un risultato pari avrebbe certamente meglio corrisposto all'andamento del giuoco. La Juventus ebbe il predominio tecnico e tattico nel primo tempo, l'Ambrosiana sfruttò le situazioni che le si presentarono nella ripresa: i torinesi giuocarono con maggior ordine e miglior stile, ed i milanesi diedero prova di energia, di coraggio ed in certi momenti anche di spirito pratico superiore. I due avversari si sono equivalsi.
Il primo tempo della Juventus destò una grande impressione. La squadra seppe attaccare a fondo senza lasciarsi mai cogliere scoperta in difesa. Mobilità, prontezza di smarcamento e continuità di contatti fra linea e linea dell'unità risolvevano il problema. Meazza non fu abbandonato a sè un solo momento; se Monti partiva in avanti per lavoro costruttivo, o Caligaris o Rosetta prendevano immediatamente il posto di sentinella vicino al centro avanti milanese. Colla palla a terra, i juventini potevano sgranar le loro azioni con frequenza e continuità. Solo neo, quello del tocco finale agli attacchi. Giunta all'area di rigore, pareva che la squadra non forzasse le cose o non avesse estrema cura della precisione. Borel solo tentava di tanto in tanto la via del successo colla caparbietà dovuta. Orsi, per citare un esempio, non avrebbe dovuto mancare l'occasione che gli si presentò nel primo tempo: il suo stile di una volta lo avrebbe portato a prender di mira il lontano angolo della rete invece che a sparare, come ipnotizzato, nelle mani del portiere che stava in attesa a due passi.
Alla ripresa, i bianco-neri si lasciarono trascinare al giuoco alto, ed allora lo stile e l'efficacia della loro attività si modificarono subito in peggio. Varglien II scomparve presto dall'agone, e le azioni più non potendosi appoggiare che ad un'ala sola divennero di carattere più stretto e, quindi, più facili da controllare da parte dell'avversario. Ottimo il contegno della seconda linea da cima in fondo all'incontro. Degno di particolare segnalazione il primo tempo di Monti: il suo modo di servir la palla ai compagni con un colpo di testa dall'alto in basso fu una delle cose tecnicamente più pregevoli a cui abbia dato luogo l'incontro.
La squadra campione è caduta in piedi. In giornata sfortunata essa ha combattuto e ha ceduto da forte.
La prova dell'Ambrosiana
L'Ambrosiana ha cambiato un po' fisionomia in fatto di giuoco dalla scorsa stagione. I suoi atteggiamenti son meno tecnici di quello che erano una volta; sono però, in compenso, più efficaci. La prova di ieri non può, ad esempio, venir classificata tra le migliori che i nero-azzurri abbiano disputato o possano disputare in fatto di coesione, di legame e di armonia di azioni. Eppure l'unità non diede mai l'impressione di vacillare, nemmeno nei momenti in cui la macchina avversaria raggiungeva il suo ritmo più intenso di funzionamento. Essa tenne il campo con bella fermezza e serenità dal primo all'ultimo minuto della gara, studiandosi di sfondar gli ostacoli che l'oppositore elevava sulla stia via, invece che premere su di essi.
La squadra si basa su di una difesa che sa l'affar suo. Ceresoli è uno dei migliori portieri di cui si possa disporre in Italia al momento attuale. Ieri non fu particolarmente impegnato - contro il tiro di Borel non poteva far nulla e fino al pallone di Varglien I non poteva arrivare — ma il suo contegno generale ispira fiducia. Ha il fisico del ruolo: e alto, elastico, pronto nello scatto, sicuro nella presa.
I due terzini possono anche offrire il fianco a critiche per quanto riguarda alcuni particolari tecnici della loro condotta - vedasi, ad esempio, il tocco della palla di Allemandi - ma sono ben difficili da superare quando giuocano con la convinzione di ieri. Questi due terzini sono nel corso della partita ben sovente ... tre, tanto continuativo ed efficace è l'aiuto che loro dà Faccio. Il nuovo centro mediano nero-azzurro non è certo un magistrale costruttore od iniziatore di avanzate, né possiede la virtù di trovar con uno sguardo od un tocco solo il compagno smarcato, vicino o lontano. Ma un bel difensore, un distruttore di prima forza dell'opera altrui. E Pitto e Castellazzi completano a modo il blocco che dà garanzia di fermezza e solidità alla compagine: il ritorno in forma di Castellazzi, dopo la scialba stagione fatta lo scorso anno è, detto tra parentesi, uno degli aspetti più simpatici di questa edizione di squadra dell'Ambrosiana.
La prima linea era una volta quella che conferiva carattere a tutto il giuoco dei nero-azzurri. Il cambiamento sopravvenuto nella condotta tattica della squadra ha, forse, modificato un po' le cose. Ieri la prima linea non brillò di viva luce. Meazza era fatto oggetto di una speciale vigilanza da parte di avversari che lo conoscono, e mancava Serantoni, l'uomo che sa dare calore alla linea. Ma, anche tenendo conto di ciò, l'attacco non seppe mai elevarsi al livello tecnico che sarebbe nelle possibilità sue, dato il valore dei singoli componenti.
Nei confronti con la scorsa stagione, Levratto appare in non smaglianti condizioni di forma. Frione, viceversa, è migliorato ancora sulla palla: non avrà il temperamento del combattente, ma è un ottimo tecnico. Il ritorno in forma degli uomini che sono in ritardo in fatto di condizioni fisiche e nello stesso tempo il ritorno alla completezza dei ranghi della linea, dovrebbero dare all'Ambrosiana un settore di avanguardia tale da render la squadra ben difficile da battere. Finora, battuta essa non lo è stata, pur non avendo potuto disporre, in più di una difficile competizione, di tutti i suoi mezzi.
Come accennato, se si eccettua qualche rudezza del secondo tempo, l'incontro ebbe uno svolgimento regolare dal punto di vista della correttezza. Erano in campo diciassette nazionali e venti selezionati per rappresentative in genere, su ventidue giuocatori. Lo spettacolo di forza, di tecnica e di fermo volere che essi diedero, fu degno del calcio italiano.