Italia - Stati Uniti (27 maggio 1934)

Le cronache di Monsù
28 maggio 1934

Era l'esordio assoluto della nazionale italiana a una Coppa del mondo. Certo, si giocava a Roma e l'avversario - la selezione statunitense - non era irresistibile. Si trattava comunque di un evento storico; Monsù, nel servizio per 'La Stampa', non concesse alcunché alla retorica, evitò trionfalismi di sorta, si limitò a raccontare la partita e la prestazione dei suoi. Era decisamente concentrato, isolato da tutti i rumori del regime e per nulla incline ad aggiungere la sua alle voci della propaganda che occupavano abbondantemente i resoconti del match su tutti i giornali.


Roma, 28 mattino
La squadra nazionale italiana ha superato l'ostacolo degli ottavi di finale del campionato del mondo. L'ostacolo stesso, rappresentato dalla squadra degli Stati Uniti, doveva, secondo i più, avere carattere di facilità; ciò per l'opinione fattasi, osservando all'opera, giovedì scorso, gli americani del nord contro i messicani.
Allora l'unità era apparsa robusta nella struttura dei singoli uomini, ma tutt'altro che forte in fatto di tecnica singola e collettiva. Pareva una squadra incapace di mostrare consistenza di fronte all'operato di un «undici» a fondo tecnico ed a linea di azione ordinata. Gli «azzurri» non durarono fatica a imporsi, ma l'avversario si rivelò come molto più forte del previsto. 
Esso lottò con gran coraggio, incassò il primo, il secondo, il terzo punto senza batter ciglio, reagendo animosamente ogni qualvolta la pressione di cui era fatto oggetto accennava a diminuire di intensità. Alla ripresa modificò la formazione, proprio nello specifico intendimento di rinvigorire l'attacco e di tentare l'impossibile per risalire lo svantaggio. Gonzales  [recte Gonsalves, qui e in seguito], il centro mediano, passò alla mezz'ala sinistra. I due migliori uomini della compagine, il portoghese Gonzales e l'italiano Donelli, vennero così a trovarsi affiancati all'attacco e, allora, per una ventina di minuti, gli americani si comportarono in modo interessante. Il punto segnato fortunosamente, ma imparabilmente, da Donelli verso il ventesimo minuto pose la parola fine a questo periodo di pericolosa, ma simpatica attività nordamericana, che allora gli «azzurri», che già stavano addormentandosi sul risultato raggiunto, come se già la loro mente fosse fissa sulle necessità del prossimo avvenire, si risvegliarono un po' irritati e in un attimo accumularono tanti punti da chiudere schiacciantemente la vertenza. 
Gli «azzurri» tennero, come atteggiamento generale di squadra, il contegno che si adattava alla circostanza. Essi cercarono, dapprima, di vagliare l'avversario che si presentò subito, ripetiamo, più bellicoso del previsto; poi tagliarono corto con gli indugi e concretarono il risultato con tre punti, l'ultimo dei quali parlò un linguaggio così pratico e altisonante da mandare in visibilio il pubblico. Una «sciabolata» lo definì il Duce, e una sciabolata esso fu pel modo con cui infilzò e inchiodò l'avversario. Poi, conformemente a quelli che erano gli intendimenti presenti, gli «azzurri» cessarono di lottare, guardarono di non correre soverchi rischi e cercarono di giungere al termine della gara senza guai. Ché si tratta dì un torneo a difficoltà crescenti, questa volta, e non di un incontro a valore isolato. Soltanto, esagerarono un po' nell'abbassamento di tono e di impegno, e nella breccia si gettò l'avversario che non aveva affatto smobilitato. Fu necessario rimboccarsi allora le maniche per ristabilire la distanza, e la cosa venne fatta senza indugio e in tono perentorio. 
I nostri uomini soffrirono tutti, chi più chi meno, del calore. Schiavio fu preso da un princìpio di insolazione, tanto da accasciarsi durante il riposo di metà tempo e da far pensare seriamente all'opportunità di evitargli la fatica della ripresa. Pizzolo e Ferrari sentirono la temperatura nel primo tempo; Monti e Meazza nel secondo. Il sole dardeggiava spietatamente sul campo attraverso all'atmosfera, resa limpida dalla pioggia caduta nelle prime ore del pomerìggio e non gli italiani soli ebbero a risentirne; gli americani ne erano letteralmente accasciati a metà tempo. 
La squadra azzurra giocò, come già accennato, a tratti e a strappi. A momenti, diede l'impressione di essere irresistibile, a periodi, lasciò fare all'avversario; proprio a pieno essa non si distese mai. Pareva una gara di allenamento in cui gli uomini non fossero del tutto convinti della necessità di ricorrere a ogni possibile risorsa. Orsi e Allemandi furono i giocatori più continui della compagine. Monti fece un magnifico primo tempo e Schiavio, quando lottò per segnare, fece grandi cose.Combi ebbe un po' di lavoro nel periodo iniziale del secondo tempo. Si protese in una buona parata su un tiro insidioso da vicino; non poteva fare nulla contro il tiro di Donelli che lo battè, tiro che ingannò la difesa a seguito di un passaggio sbagliato di un americano e che rimbalzò in rete picchiando contro il palo trasversale. 
Nessuno degli uomini nostri, del resto, si portò male. Mancò in parecchi la continuità dell'azione, dovuta a non soverchio impegno, a prudenza agli effetti della temperatura. Donde la impressione di non completa fluidità e regolarità nelle azioni. Occorre, d'altra parte, menzionare che, con una media fortuna, il bottino degli italiani sarebbe stato anche più ampio di quanto esso fu. Basti ricordare le tre occasioni in cui, col portiere nettamente e inequivocabilmente battuto, il palo salvò la rocca americana dalla capitolazione. Fu prima Meazza a piantare il pallone sulla sbarra trasversale; fu, poi, Schiavio, solo davanti la porta a colpire il montante; fu infine Orsi, nella ripresa, a prendere la base del lontano palo con un fulminante tiro basso. Di tiri in porta dì carattere difficile non si ebbe certo penuria in questo incontro. 
Della squadra americana abbiamo detto. Essa lottò a denti stretti fino al termine. La gara giocata ieri vale il doppio di quella condotta giovedì contro il Messico. Sempre così. La squadra debole ha tutto da guadagnare a lottare con una compagine ordinata e tecnica. E' lo stesso fenomeno che succede quando una squadra allievi «allena» una prima squadra; l'ambiente inquadrato e positivo rappresenta una novità piacevole per gli allenatori. Ancora una volta il napoletano Donelli mostrò intraprendenza e senso dell'opportunismo, mentre Gonzales, il portoghese-americano, è uomo che conosce il gioco. Tutti quanti gli americani mostrarono, del resto, di non trovarsi in imbarazzo nel trattare la palla anche in condizioni difficili. La squadra nord americana è caduta, malgrado il risultato, in modo onorevole. 
Gli «azzurri» pensavano già sul campo alla prossima fatica; ci pensavano tanto che, poco dopo le 23, essi erano già di nuovo a Firenze e, a mezzanotte, a Roveta, lontani dal frastuono del pubblico e vicini alle loro occupazioni e preoccupazioni per l'avvenire.

Immagini e tabellino della partita in Cineteca