Gol e furore

Sono le idi di marzo del 1970, è in programma la nona di ritorno del campionato di Serie A, e tutti sanno che sarà la giornata decisiva. In cartellone c'è il big-match, la grande sfida, prima e seconda in classifica, due soli punti a dividerle. Si gioca al Comunale di Torino. Juventus (32 punti) contro Cagliari (34). L'attesa è enorme. Stadio esaurito e record d'incasso. La RAI programma addirittura la differita integrale del match (all'epoca veniva trasmessa la 'cronaca registrata' di un solo tempo, nel tardo pomeriggio, e non si sapeva mai prima di quale partita), poi gli operatori della sede di Torino improvvisano uno sciopero last minute e i previsti venti milioni di telespettatori dovranno accontentarsi del primo tempo ... 
Giovanni Arpino racconta, per i lettori de "La Stampa", la partita di Gigi Riva.


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Talvolta anche il critico di sport ha il diritto-dovere di «caricarsi» in vista d'un avvenimento eccezionale: per questo ero allo stadio poco dopo le 13. Gli ultimi giocatori cagliaritani trottavano dal pullman agli spogliatoi, tra una doppia fila di tifosi. «Riva, non durerai quanto Sivori», si è sentito dire. «Nené, noi preferiamo Cuccureddu», faceva eco. «Ma chi sarà mai questo vostro Furino?», ribattevano in cadenza sarda. Le schermaglie tipiche, che però acquistano un gusto, un senso speciali data la giornata, il «peso» dell'incontro. Schermaglie alla Cassius Clay, con i toni roboanti delle parole che vogliono dar forza a intime convinzioni. 
Ore 13,15: il campo è già pavesato a festa, la grande sagra sembra ancora lontana ma l'atmasfera è elettrica e insieme commovente. Sono raddoppiate persino le insegne pubblicitarie, si può leggere, qua e là, un «Cagliari club numero Uno» e persino un «Juventus club di Belluno». E' un grande giorno di smemoratezza, i tifosi «sentono» che qualcosa dovrà accadere.
 Alle 13,50 una «carrellata» della radiotelevisione svizzera fa sprizzare migliaia di bandiere. Alle 14,16 entrano in campo due bambini in maglia bianconera e giocherellano col pallone su cosce e ginocchi come due foche ammaestrate. E' diventata rauca persino la voce che al microfono reclamizza film, rasoi, compagnie teatrali. Ore 15: una tromba da corrida dà il «via» e si alza un urlo che potrebbe essere registrato per un eventuale Diluvio Universale, regista Fellini. 
Ed è subito Riva. Si presenta al settimo. Deve battere un tiro di punizione. Una fucilata, respinta dalla barriera ma lui immediatamente recupera il pallone che rispedisce come una folgore poco a lato di Anzolin. Quattro minuti dopo, lanciato in terribile proiezione, salta due avversari e gli viene impedito il cross all'ultimo momento. Al 15' è in difesa. Al 20' un urlo sollecita il pubblico bianconero: Salvadore porta via pulitissimamente il pallone al goleador. E' un onore da riconoscere subito. Dieci minuti dopo, altra punizione: riceve la palla toccata da Greatti e fa partire un bolide pauroso. Ma attenti: trenta secondi dopo è già nella sua area a difendere, su incursione dei bianconeri. Ha una pausa. Fino al 43': quando, da terra, in ginocchio per una carica, riesce egualmente a deviare un pallone e a ottenere un calcio d'angolo. Troppo poco per lui, che infatti si gratta il cranio, insoddisfatto malgrado il terrore che sparge in giro. Tra il 44' e il 45' devia un pallone su Anzolin che lo butta in angolo. E subito dopo pareggia. Testata da un calcio d'angolo ed è rete. Tutti si domandano: come hanno fatto a non «marcarlo»? Ma Riva è questo: all'appuntamento col pallone arriva una frazione prima di ogni altro. La sua rete spegne l'applauso rituale dei tifosi bianconeri a fine tempo. 
E rieccolo al primo minuto del secondo tempo, subito in fuga tra tre avversari, con uno slancio e un dinamismo unici. Ma al 4' sbuccia un buon pallone in area, al 5' commette fallo a difesa abbattendo Cuccureddu, al 9' spara ma da troppo lontano su Anzolin, all'11' ha un'ottima palla da Gori ma manca il controllo per eccesso di velocità. Si ripresenta in pieno al 14': forza (è l'unico verbo adatto) due avversari convergenti e riesce a sparare il sinistro: esterno della rete. Ecco il rigore contro il Cagliari. Esulta per Albertosi dopo che ha parato il primo tiro, passeggia tra il dischetto e la rete prima che venga ripetuta la massima punizione, e sembra davvero l'atleta che ha tutto il destino contro, e anche gli dei. Forse il nervosismo gli sta rodendo il fegato, dopo il secondo gol juventino. Al 30' fa esplodere una punizione che Anzolin devia, subito dopo svirgola in area bianconera un ottimo pallone. La carica psicologica potrebbe tradirlo, a questo punto. Ma su un corner lo si vede reggere come un paletto un'intera vigna di difensori bianconeri che lo assediano. E' il «suo» rigore. Basso e a segno. E fino al termine seguita a combattere, con scatti rabbiosi, con slanci persino fallosi per generosità e orgoglio.
E' finita. Esce lentamente. La sua giornata l'ha fatto vedere a tutti grande e temibile e generoso. Chi aspettava il guerriero ha avuto modo di conoscerlo. Chi pretendeva i gol, li ha visti. Chi non lo credeva leone, taccia per sempre. Amici: cosa diremmo di lui, del suo football essenziale e fortissimo, se lo vedessimo giocare nel Manchester o nel vecchio Real Madrid? 

"La Stampa", 16 marzo 1970, p. 7