La nuova Corea della nazionale

A metà del girone che qualifica per l'europeo di Svezia, l'Italia è virtualmente eliminata. La sconfitta in Norvegia - le trasferte nordiche sono sempre insidiosissime per i nostri a fine campionato: peraltro, il rovescio degli azzurri coincise con un clamoroso zero a sei degli azzurrini contro i baby norvegesi - avvicina all'epilogo l'era di Azeglio Vicini. Gianni Brera assimilò questa disfatta a quella - che fu sempre termine di paragone di ogni nostra brutta figura - contro i nord-coreani del 1966.


Il campionato che si pretende sia il più bello ed è invece il più costoso e dissennato del mondo ha trovato il modo di farsi rappresentare in Norvegia da un piccolo branco di cadaveri neppur tanto eccellenti. Carichi di un carisma già compromesso da loro fino alla vergogna, gli azzurri sono riusciti a mettere subito in evidenza una squadra composta da gente se non altro sana e animata da ammirabile senso agonistico. Norvegia-Italia non ha avuto storia se non per le brutture che sono aggallate verso la fine: 2-1 per loro, l'Italia esce così dagli Europei: è una piccola Corea. I norvegesi si sono subito avventati, sballando le nostre fragili difese come se fossero di carta e soprattutto come se sapessero che erano di carta. Dopo soli 4', il famosissimo Zenga era battuto senza mercè!
L'attesa controffensiva degli azzurri non ha prodotto che disordine e affanno. Un centrocampo fondato sui soli muscoli bruti, per giunta oberati di ruggini vistosamente grevi, non è mai riuscito a fornire un'idea che fosse una, né in attacco né in difesa. Le punte della Sampdoria hanno cercato disperatamente nelle esili riserve a loro disposizione la forza di esprimere quanto purtroppo avevano speso per vincere il campionato: si sono molto agitate a volte commuovendo per l'impotenza che le frenava. I norvegesi crescevano di statura ad ogni azione. Si vedeva che erano freschi e pieni di entusiasmo. Ogni loro schema prendeva avvio in un subisso di applausi festosi. Il viatico della partita era stata purtroppo l'incredibile goleada inferta ai giovani azzurri sull'infausto campo di Tavanger. I tifosi norvegesi erano così arroganti sugli spalti da sfiorare l'insulto. Altro che compostezza nordica, fratelli! In certi momenti si aveva l'impressione di vivere nella più scalcinata e smodata provincia d'Europa. 
I famosi e più pagati pedatori del mondo si mortificavano in entrate e rincorse da mettere vergogna. Il secondo gol norvegese veniva segnato in assolo (al 25') da un'aletta di tutta grinta. A questo punto non si era più vista partita. Il cronista che qui s'ingegna di contenere il proprio dispetto si abbandonava a invettive che rasentavano il dileggio. Parlare adesso di tournée in Scandinavia è abbastanza pretenzioso, per non dire addirittura ridicolo. Da possibili campioni del mondo, siamo stati mediocri e già fortunati terzi nel Novanta; adesso, ci siamo preclusi la partecipazione all'europeo che qualche mattocchio straparlava di disputare da doverosi protagonisti (!!). La grande scivolata ha avuto inizio con la mancata vittoria a Budapest; poi, con il pareggio imposto dai sovietici a Roma. Qui, la caduta è stata verticale, clamorosa molto più che non dica l'esiguo risultato numerico. 
Nel secondo tempo i norvegesi hanno giocato una partita esclusivamente tattica: si sono ritratti di proposito invitandoci a concedere loro spazio e noi puntualmente abbiamo abboccato illudendoci di attaccare. Zenga è stato graziato più volte. E' entrato Schillaci al posto di De Napoli, non molto più disastroso di altri, e Lombardo gli ha offerto una difficile palla-gol in cross dalla destra: il piccolo siciliano ha compiuto una vera prodezza incornandola in rete. Era il 34'. L'arbitro olandese, furiosamente beccato all'avvio per i troppi interventi favorevoli agli azzurri, alla lunga si era insospettito che non lo facessero fesso e aveva persino negato un rigore per fallo evidente di Thorstvet su Maldini (13'): ma dopo quell'episodio i norvegesi avevano sciupato gol fatti in contropiede. L'ultima occasione davvero clamorosa l'ha sventata d'un soffio Ferri azzoppandosi malamente. Baresi ha ribattuto palla lontano e Vialli ha porto a Schillaci la palla del possible 2-2: il magnifico goleador dei Mondiali, oggi finito chissà dove, ha sparato con troppa superficialità il sinistro e la palla, ancorché facile, è volata al cielo! 
Infine, si è chiuso con l'ignobile apparizione di Bergomi scaldato a freddo dalla panchina: entrato a sostituire Ferri, dopo soli venti secondi si faceva espellere. Era la farsa che mancava per riportare il nostro amaro dramma al clima di tragicommedia cui sembra ci condanni un destino ahimé inqualificabile. Certo, è colpa nostra. E chi ha colpa è giusto che paghi.

Gianni Brera, La Repubblica, 6 giugno 1991