Il fantasma del 'goal-fantasma' in Italia (1948-1967)


La fase (tuttora in corso e anzi destinata a protrarsi incattivendo di anno in anno) del calcio da vivere come pretesto di polemica tra tifosi e contesto di pseudo-giornalismo d'accatto inizia, in Italia, il 22 gennaio 1967. In quel giorno così lontano fece il suo ingresso trionfale, in tivù e nella vita quotidiana di tifosi e appassionati, il fantasma del goal-fantasma. Si era manifestato a Wembley, l'anno prima, apparendo, come tutti sanno, proprio durante la finale della coppa del mondo. Non poteva scegliere un momento migliore; tutti quelli che (direttamente o indirettamente) lo videro rimasero a bocca aperta; i più sensibili si chiesero quale minaccia rappresentasse per il futuro del gioco. E come si potesse combattere un simile, tremendo pericolo.

Da noi il goal-fantasma arrivò, appunto, con qualche mese di ritardo. Ma non era propriamente una novità. Aveva già fatto capolino, oltre che in campo, nelle cronache (e anche nei titoli) dei giornali, in anni precedenti. Quando la tivù era ancora spenta. Di seguito, i risultati di una prima, sommaria ricerca.

Il putiferio e la neve sul campo di Busto
Così era introdotto su Stampa Sera del 23 febbraio 1948 il pezzo firmato da Vittorio Pozzo, inviato del giornale a Busto Arsizio per un match assai delicato: "Un goal fantasma turba l'equilibrio di Milan-Pro Patria: 3-2". Tuttavia, in quella circostanza, si trattò di un fenomeno d'altro tipo, cui la definizione di goal fantasma non calza perfettamente. Semplicemente, l'ultimo gol del Milan, segnato a pochi minuti dalla fine, nacque da un pallone che Carapellese mise in area, forse, dopo che aveva già varcato la linea di fondocampo. "Nasceva un putiferio. I giuocatori della squadra locale circondavano l'arbitro, invitandolo, implorandolo a controllare il punto da cui Carapellese aveva eseguito il suo centro. Con viva energia i milanisti cercavano di opporsi ad ogni controllo o sopralluogo. Ché pare che la palla avesse varcata la linea al momento dell'ultimo tocco dell'ala sinistra rossoblu [sic]. Dire come siano andate le cose con precisione, è impossibile per chi stava in tribuna, date le condizioni del campo e la quantità di persone che si trovavano sulla linea", dettava Monsù. Convalidato, era un gol importante, perché manteneva il vantaggio dei rossoneri sul Toro, in cima alla classifica, di tre punti. Pozzo, torinese e moderatamente torinista, si lascia andare a un timido giudizio. "Certo la posizione finale dell'imputato puzza di irregolarità". A distanza di qualche giorno, l'episodio era verificabile da tutti gli appassionati (di calcio e di cinema), poiché la Settimana INCOM inserì nel suo rotocalco proprio le immagini di Pro Patria-Milan [vedi]. Il cinegiornale ha la data del 25 febbraio. In sala, si apprezzano le immagini della partita aspettando (per dire) l'inizio di "Per chi suona la campana". Il 'sonoro' è, come sempre, ironico: Centra Carapellese. Antonini: gol! "Questa è inaudita", attacca il concertato della Pro Patria. "Carapellese ha raccolto oltre la linea di fondo, scancellata dalla neve". "Signori", replica l'arbitro Poggipollini, "per me rimane gol": "Ma che gol!", griderà Turconi, "la palla era fuori di trenta centimetri!". Oh! Sul tappeto bianco si prepara il reclamo da deporre sul tappeto verde della Lega.
Puro entertainment

In effetti, sembra davvero che quel pallone possa sfondare la rete
Davvero clamoroso fu quanto accadde a Torino il 20 maggio 1951. Al Comunale, la Juventus (senza obiettivi da raggiungere) ospita il Genoa (che annaspa in piena zona retrocessione). Segna Praest, i rossoblu impattano. Due minuti dopo, "un tiro violento dal limite di K. Hansen che aveva raccolto al volo un passaggio di Praest fendeva l'aria a mezza altezza e la palla, infilata la porta, usciva dall'altra parte passando attraverso un buco della rete. L'arbitro, benché si trovasse piazzato con una visione libera dell'azione, ebbe l'impressione che la palla, leggermente deviata da un tentativo di parata di Bonetti, fosse passata a lato del montante e indicò il corner. Quello che avvenne è facile immaginarlo e tenne occupati in discussioni per tre minuti buoni arbitro e giocatori. L'arbitro, che era Pieri, negò il punto con la sorprendente affermazione di non averlo visto e, benché invitato dal capitano juventino, rifiutò di recarsi a constatare la lacerazione della rete, non sappiamo se preesistente o se provocata dalla violenza del tiro. Avrebbe potuto interrogare il segnalinee: non lo fece. E' grave che egli non abbia visto quello che non era sfuggito a nessuno (se non vedono i gol che cosa vedono gli arbitri in campo?) ma più grave ancora è il fatto che egli si sia rifiutato di constatare lo squarcio prodottosi nella rete e abbia fatto continuare la partita senza che si provvedesse alla riparazione". Così Ettore Berra, nella cronaca dettata a Stampa Sera, e pubblicata con risalto dato nel titolo al discusso episodio: "Per un punto (che mancava nella rete) Pieri perse le staffe. Il goal-fantasma di Juventus-Genoa: 4-1". Beh, poco male: la Juve vinse largamente quella partita, quattro a uno, e non vi furono conseguenze.

Sta per arrivare la primavera, e nel 1952 l'Inter è ancora in corsa per il titolo. Come, del resto, Milan e Juventus, con i bianconeri momentaneamente avanti di qualche lunghezza. Una trasferta al Filadelfia è sempre insidiosa. L'ambiente caldo. I granata, abbastanza tranquilli, vanno subito in vantaggio. Monsù Poss canta l'emozione del gol ("cosa di rara bellezza"). 

In effetti, la foto è scattata troppo presto (o troppo tardi)
Ma, quel lontano 9 di marzo, il giallo era in agguato. "Si era a pochi minuti dal termine. Gli uomini dell'Internazionale erano tutti protesi in avanti. Perfino il terzino Blason era andato a finire fra gli attaccanti. Un calcio d'angolo, uno dei tanti di quel momento dell'incontro. Riprende proprio Blason appostato sulla sinistra, e Lorenzi devia la traiettoria del tiro verso l'angolo della porta sulla sinistra del portiere. Romano tocca col piede,  ma non ferma, e proprio in extremis arriva Grava e respinge. Nyers termina sparando a lato. Allora, scena madre. I neroazzurri sostengono che la palla già aveva varcato la linea all'istante dell'intervento di Grava, e reclamano ad alta voce ed a braccia protese, e circondano l'arbitro, e lo sospingono. L'arbitro stesso, che aveva seguito da vicino l'azione e che si trovava a pochi passi dalla porta, si era immediatamente e con energia rifiutato di convalidare il punto - ed a lui si era associato, scuotendo la bandierina, uno dei guardialinee - ed ora mantiene il suo diniego. Noi ci guarderemo ben bene dal sostenere o l'una o l'altra delle tesi contrastanti. Onestamente, nessuno può da un'ottantina di metri, e con un velo di uomini davanti, decidere d'una questione di centimetri. Fra chi giura per il sì e chi giura per il no, la fotografia sola, presa casualmente all'istante giusto, può decidere. Ed ancora, la fotografia non può, semmai, avere altro effetto che quello di fornire una soddisfazione platonica". Già! Negli spogliatoi non si parla d'altro, e tutto è riportato nelle "Interviste sul goal-fantasma". L'arbitro era Vincenzo Orlandini, un fuoriclasse del fischietto, avviato a una gloriosa carriera. "Ero in ottima posizione per veder quanto accadeva e non ho sentito il bisogno di togliermi dubbi interpellando il segnalinee. Non posso che confermare a voce quanto ho fatto chiaramente capire sul campo: la palla non ha varcato la linea bianca 'interamente' come vuole il regolamento. Quindi niente goal. Di diverso avviso, tuttavia, fu un brigadiere del Battaglione Mobile, "il quale si trovava per motivi di servizio esattamente all'altezza della bandierina gialla, in condizioni quindi di vedere la palla come attraverso un traguardo. Secondo me la sfera ha varcato la linea del goal, ha dichiarato il brigadiere Ajola. Ma lei è di Milano? Nemmeno per idea, sono di Napoli, però... Però che cosa ?  Volevo dire che, calcisticamente parlando, tifo per la Juventus. Poiché la vittoria dei granata ha giovato pure ai juventini, la testimonianza resa ... fuori servizio dal carabiniere rimane quella di un funzionario obbiettivo".

Alcuni giorni dopo, il Consiglio Nazionale della Lega esamina la situazione, e su La Stampa viene data ampia notizia della riunione. "In seguito a una fotografia pubblicata da un quotidiano della sera, in cui si vede l'arbitro Orlandini quasi semi-sepolto nei [sic] giocatori nerazzurri - tutti identificabili - che chiedono arrogantemente e scompostamente la convalida del noto goal-fantasma, alcuni consiglieri vorrebbero l'adozione di severissimi ed esemplari provvedimenti, per ripristinare una volta per sempre l'autorità e la rigidità [sic] dell'arbitro". Veniamo a sapere, il giorno dopo, che Orlandini "non ha dato molto rilievo nel rapporto alle proteste del giocatori dell'Inter per la mancata concessione del noto goal-fantasma. Invece il commissario di campo ha definito 'isteriche' le scenate dei calciatori nerazzurri e specialmente del capitano Lorenzi. Il centravanti, più volto recidivo in materia, è stato squalificato per due giornate, mentre Nyers se l'è cavata con 25 mila lire di multa e gli altri giocatori nerazzurri con 60.000 lire di penalità collettiva". Punizioni esemplari!

Interessanti cronache dalla Quarta Serie su Stampa Sera del 7 dicembre 1953. "Beffati i vercellesi da un goal-fantasma". La Vecchia Pro, a Massa, perde il contatto con le zone alte della classifica. Maledizione. Vediamo perché: la situazione pare abbastanza confusa. "Alla fine del secondo tempo quando la Massese era in vantaggio per 1-0 Bosisio in una mischia sotto la porta apuana si trova il pallone sul piede: tira fortissimo, ma Bruni con una mano devia la palla contro il montante della porta. L'arbitro Pecora di Lecco concede senz'altro il rigore ai piemontesi. Tira Benedetti, ma Masotti riesce a respingere. Il pallone fa uno strano giro: batte sul palo sinistro e Benedetti che si è spostato verso la porta seguendone la traiettoria riesce ad agganciarlo con il piede destro battendo Masotti. L'arbitro fischia indicando il centro del campo. Poi, mentre i giuocatori gli si affollano intorno eccitatissimi, egli si dirige verso il segnalinee. La discussione si fa animata perché il segnalinee dichiara che il pallone era uscito dalla linea di fondo quando Benedetti l'aveva afferrato calciandolo in porta. Pareggio o vittoria della Massese? Intanto il tempo è scaduto e l'arbitro seguito dai giuocatori gesticolanti, dai dirigenti e da diversi agenti di P. S. esce dal campo scomparendo negli spogliatoi. Qui la discussione si riaccende e stavolta partecipa anche il commissario di campo. Dopo mezz'ora viene comunicata la decisione arbitrale: Massese 1, Pro Vercelli 0". Amen.

Il pomeriggio della vigilia di Natale, nel 1955, all'Olimpico si gioca un anticipo, Lazio-Novara. Squadre di bassifondi. La spuntano i laziali, nell'ultimo quarto d'ora (due a zero). Non disponiamo di cronache romane (il Corriere dello Sport non uscì il 25, né riprese l'episodio nei giorni successivi); su La Stampa, tuttavia, il resoconto della partita (dettato da Sergio Zepelloni) è durissimo. "Il Novara ha perduto una partita che avrebbe potuto agevolmente vincere con due o anche tre reti di scarto". Addirittura! Ma la partita "si è conclusa in un clima arroventato, a causa di un direttore di gara che ha compiuto numerosi errori. Il signor Grigi [recte Griggi] di Brescia ha costantemente dato una interpretazione assolutamente personale alle vicende della gara, sbagliando almeno il cinquanta per cento dei suoi giudizi, fino a concedere alla Lazio (sia pure con l'attenuante di aver prima consultato un guardalinee) una rete che ai più è apparsa del tutto inesistente". Cosa è successo, esattamente? "Ecco come si sono svolte le cose. Fuin, avanzante sulla destra del fronte d'attacco, vedeva aprirsi un corridoio dinanzi a sé, e benché distante tirava direttamente in porta; Corghi, forse colto di sorpresa, non riusciva a bloccare il pallone che incontrava le sue mani aperte e schizzava a terra dinanzi al portiere [n.b.: non era il medesimo Corghi a difendere i pali del Novara?] che tuttavia era lesto ad afferrarlo sul rimbalzo. Fu impressione pressoché generale che la sfera non avesse varcato la linea bianca, e di questo avviso dovette essere evidentemente lo stesso direttore di gara il quale lasciò che Corghi effettuasse la rimessa in giuoco; ma subito dopo, stretto dai laziali che reclamavano la concessione del punto, fermò il giuoco e si diresse verso il guardalinee chiedendone il parere. E quello, che fino a quel momento era rimasto inerte ad almeno 40 metri dalla porta, fu dell'avviso che la palla fosse entrata in porta. Il signor Grigi tornò quindi sulla sua precedente decisione, accordando la rete e suscitando una vera esplosione di sdegno daparte di Corghi, che si avviò verso gli spogliatoi deciso ad abbandonare la partita. A gran fatica l'allenatore e un dirigente riuscirono a farlo recedere da tale proposito. Prendeva invece la via degli spogliatoi, al 35', Baira, espulso per aver espresso all'arbitro un giudizio non certamente benevolo sul suo operato". Insomma: cronaca partigiana o forti pressioni ambientali? Le immagini della partita furono offerte dalla Settimana Incom del 30 dicembre [vedi].

Non ci possono essere dubbi: è un goal-fantasma!
Apprezziamo, però e soprattutto, gli spalti affollati dell'Olimpico

Poco meno di un anno dopo, un altro goal-fantasma è avvistato al Filadelfia. Si gioca Torino-Vicenza, e la rete in oggetto è quella decisiva. Nelle tabulae, è attribuita a Juan Carlos Tacchi (a partire da quell'anno, dieci oneste stagioni sui campi della Serie A, fra Torino, Alessandria e Napoli). Ma fu decisiva la collaborazione di Franco Luison, leggendario portiere dei biancorossi. Ce ne parla Paolo Bertoldi, con argute osservazioni futuristiche. "Secondo Luison la palla calciata da Tacchi su punizione non ha addirittura passato la linea bianca. Il goal non sarebbe 'completo'. A quanto si è potuto vedere da cento metri di distanza il punto pare invece valido. Questo goal decisivo ha compiuto una traiettoria 'diabolica': ripetesse Tacchi cento volte questo tiro da fermo difficilmente otterrebbe un bis. La sfera, scagliata con insospettabile violenza dal piccolo attaccante sud-americano, ha infatti sfiorato le dita del portiere, è finita sotto la traversa e, probabilmente per il movimento rotatorio impressole dalla parata di Luison, è rimbalzata di qualche centimetro oltre la linea bianca prima che l'estremo difensore vicentino la riallontanasse con un balzo agile. Questo - è bene ripetere - diciamo in base a quanto si può scorgere dalla tribuna ed è facile capire che i biancorossi non siano affatto di tale parere e reclamino la visione del cine-giornale. (A proposito: sarà mai possibile piazzare due macchine da ripresa di fianco alla porta, in modo che la freddezza dell' obbiettivo faccia da arbitro tra le passioni e le impressioni contrastanti?). A completare la beffa per il Vicenza, la punizione su cui ha segnato Taccni era 'di seconda'. Se Luison fosse stato tranquillo, lasciando entrare la palla in rete, il punto non sarebbe stato convalidato perché il pallone doveva essere toccato da due giocatori, Luison ha involontariamente completato l'opera del granata. Destino ...". Era il 14 ottobre 1956. Non abbiamo, purtroppo, immagini di cine-giornale da proporre. 

La seconda domenica di febbraio, nel 1963, Inter e Juventus aggiungevano altri due punti in classifica, distanziando sempre più le inseguitrici e chiarendo definitivamente quale fosse il duello per il titolo. E' perciò che, al Comunale di Firenze, il Milan scese per onorare lo spettacolo e tenersi 'caldo' in vista delle partite decisive di Coppa dei campioni. Anche la Fiorentina non aveva problemi di classifica. Si prospettava un pomeriggio di godimento pedatorio. Ma? Ma verso la metà del primo tempo, i rossoneri stanno conducendo "per una rete realizzata di testa dal redivivo Altafini. I giocatori della Fiorentina, anziché abbattersi,  hanno preso d'assalto la super affollata area di rigore milanese. Hamrin dalla destra del campo centra all'indietro a Marchesi, mezzala di ripiego, che è pronto a sparare in rete: Ghezzi intuisce e di pugno respinge corto proprio sui piedi dell'accorrente Petris che, colpendo con forza, manda la sfera ad insaccarsi. Il pallone varca la fatidica linea di porta e torna in campo. Per la Fiorentina è il pareggio. Questo è quanto abbiamo visto ed hanno visto la maggioranza dei presenti sugli spalti del Comunale. Uno solo, l'arbitro, il signor De Marchi di Pordenone, e in un secondo tempo anche il segnalinee e tutti i componenti la comitiva rossonera del Milan, negano che il pallone abbia varcato la soglia di Ghezzi. Quello che è successo quando l'arbitro ha fatto cenno di proseguire il gioco ve lo potete immaginare: i calciatori viola hanno accerchiato il direttore di gara. Sarti, capitano dei fiorentini, ha lasciato la porta ed ha affrontato l'arbitro chiedendo di spiegare la decisione presa e di interpellare il segnalinee. De Marchi non solo non ha voluto rispondere, ma non ha neppure chiesto la collaborazione del giudice di linea" (Loris Ciullini, L'Unità, 11 febbraio 1963; titolone: "Solo l'arbitro non ha visto il goal viola!"). A sentire Giordano Gaggioli (Stampa Sera) la questione è addirittura più complessa. "De Marchi ha fatto proseguire il gioco sebbene la palla, calciata a mezza altezza da Petris e intercettata sulla linea da Trebbi, fosse finita in rete (è l'opinione dei più) e quindi ricacciata velocemente in campo. Inutili sono state le proteste dei giocatori viola: l'arbitro non ha voluto ascoltare ragioni. Forse, così come i giocatori rossoneri, ha creduto di vedere la palla battere su una gamba di Trebbi e quindi picchiare contro la traversa. A scuotere la rete secondo il parere dei rossoneri sarebbe stato Hamrin entrato in porta a catapulta. Tuttavia, ammesso che la palla non fosse entrata in rete - sostengono i viola - l'arbitro avrebbe dovuto fischiare il rigore, perché il pallone era battuto non già su una gamba, ma su un braccio di Trebbi". Beffa doppia, insomma.

E una mutazione è alle viste, come appare addirittura e proprio dalla pagina sportiva dell'Unità, dove l'immagine che commenta l'editoriale di Puck (l'eroe della domenica) è  lui, l'arbitro, Bruno De Marchi. "Va bene, il goal annullato alla Fiorentina contro il Milan, che per tutti era regolare meno che per il signor De Marchi, non avrebbe cambiato un bel niente nelle sorti finali della classifica principale. Né quelli annullati a Jonsson e a Orlando (a Napoli e a Genova) per la Roma. E' vero, anche, che in linea di massima tutti questi errori impunibili (e impuniti) si compensano; ma che la gente ci resti male, è un fatto. Ed è un altro, che non sembra facile risolvere il problema. Nel campionato italiano le regole sono stranamente immutabili: sono sempre le stesse dai tempi dilettantistici della Pro Vercelli al super-professionismo odierno. Non chiedetemi un parere. Non ce l'ho. Anzi, sotto sotto, perdonatemi, ma gli arbitri mi divertono proprio per la sproporzione umoristica, che si portano appresso ogni domenica, tra le loro capacità e la loro effimera 'grandezza'. Ma sì, con quei gesti impettiti e quelle arie gloriose, anche essi ci aiutano a passare pomeriggi eccitati e imprevedibili. Chissà, forse è meglio così!".

Ci si avvia verso un punto di non ritorno. Anche perché, la sera domenicale del 10 febbraio 1963, nelle rubriche sportive del Primo programma (le Cronache prima del Telegiornale e, naturalmente, La Domenica Sportiva), l'episodio di Firenze è stato accuratamente analizzato. Come? Ne siamo accuratamente informati da Leo Cattini (La Stampa, 12 febbraio 1963). "Le due trasmissioni televisive di ieri sera sul primo e sul secondo canale avevano determinato, con le loro rapide e non sempre chiare sequenze, impressioni e sensazioni contradittorie, tant'è vero che stamane i pareri erano ancora contrastanti anche negli studi televisivi, dove i fotogrammi erano stati oggetto di osservazione e di studio: da ciò discussioni e polemiche a non finire anche da parte degli sportivi più o meno interessati alla vicenda. Ma dietro alla porta del Milan in quel 'fatale' momento vi era un altro operatore della televisione, che aveva centrato bene lo svolgersi successivo dell'episodio controverso, verificatosi, com'è noto, al 22' del secondo tempo. Per un disguido (una complicazione segue sempre l'altra) quella pellicola, anziché agli studi di Milano, veniva spedita a quelli di Roma, di dove per via aerea la 'pizza' poteva poi giungere a Milano nelle prime ore del pomeriggio, ossia in tempo utile per discuterne e irradiarla alle 20 nella rubrica 'Telesport'. Prima però la Rai-tv consentiva che un gruppetto di giornalisti potesse esaminare i fotogrammi in moviola, con fermate e ritorni a comando, per poter fissare nel modo più esatto possibile la realtà. Non era goal. Ecco la successione meccanica dell'azione: Marchesi, avanzato sulla destra con Radice al fianco, centra basso e sul pallone sta per irrompere Canella; il portiere Ghezzi riesce a respingere corto a cinque o sei metri verso la sua destra, sopraggiunge in corsa Petris inseguito a distanza da Benitez e l'attaccante viola sferra un forte tiro che scaglia il pallone contro il braccio sinistro di Trebbi. Il pallone ha una curiosa e violenta impennata, si alza e picchia sotto la traversa rimbalzando poi fulmineamente a terra, fuori della porta, mentre Hamrin si slancia e finisce dentro la porta scuotendo la rete. Sul rimbalzo Radice allontana. In sede analitica è possibile obiettare che, pur non essendovi il goal, poteva esservi il calcio di rigore, in quanto il pallone calciato quasi a colpo sicuro da Petris sarebbe senz'altro entrato in rete se non fosse stato intercettato dal braccio di Trebbi, ma qui entra in causa la valutazione dell'arbitro, il quale può aver ritenuto non intenzionale il fallo, considerando che il pallone era andato a cercare il braccio del terzino rossonero e non viceversa. Si sa che nessuna documentazione fotografica o televisiva, per quanto chiara e perentoria, può incidere su un risultato a termini di regola mento. Nello scorso campionato di serie B non servì a nulla la prova televisiva che il pallone era entrato in porta durante la partita Lazio-Napoli [n.b.: episodio occorso il 4 marzo 1962] ma riuscendo da una smagliatura della rete, e gli enti giudicanti di tutti i gradi si attennero esclusivamente alle attestazioni del direttore di gara. Però, nel caso attuale che ha appassionato la moltitudine degli sportivi, la prova che il pallone non è entrato in porta sarà servita a mettere a posto la coscienza dell'arbitro De Marchi, a convincere i dirigenti e i sostenitori viola, ed a dissipare le perplessità dei dirigenti milanisti".

La 'moviola', dunque. Non è ancora offerta sistematicamente in pasto ai telespettatori; ma negli studi RAI è adoperata a supporto di un'informazione (si suppone) migliore, ad uso anche dei cronisti delle testate giornalistiche.  

La moviola torna protagonista il 22 gennaio 1967. Ultima giornata del girone di andata di un campionato strano. Comanda l'Inter di Helenio, con un solo punto sulla Juventus di Heriberto. I nerazzurri vengono fermati in casa dal Mantova, la squadra che pareggiava sempre. I bianconeri sono attesi all'Olimpico dalla Lazio, che in casa recita il ruolo dell'ammazzagrandi. Lì, hanno già lasciato le penne Bologna e Inter. L'arbitro è ancora lui: Bruno De Marchi. Cosa succede dunque? Riguardiamo il filmato televisivo.

In prima pagina su La Stampa, la foto dell'episodio clou. Sovrastata da un titoletto che, nonostante le virgolette, non lascia dubbi: 'Rubato' un goal alla Juventus. Il servizio principale (Tira De Paoli, la palla schizza in rete. De Marchi non concede il goal: 0-0). è di Giulio Accatino. "La Lazio ha saputo bloccare la Juventus sullo 0 a 0. L'impresa è riuscita ai bianco azzurri grazie ad una condotta di gara generosa e prudente, ma grazie specialmente all'arbitro De Marchi, che non ha concesso un goal, valido e preciso, segnato da De Paoli al 7' della ripresa. E sull'assurda decisione del signor De Marchi si è cristallizzato il risultato di parità, che può anche essere considerato equamente valido, ma che determina un autentico 'furto' alla classifica dei bianconeri, che avrebbero potuto chiudere il girone d'andata del campionato alla pari con l'Inter, e che invece devono continuare a recitare la parte di inseguitori ai neroazzurri 'campioni d'inverno'. Su questo punto di De Paoli verranno ora versati fiumi di parole, ma la ripresa televisiva ha tolto ogni dubbio. Il goal era valido ... Raccontiamolo subito questo episodio-chiave della gara. Si era al 7' della ripresa, e la pioggia che stava cadendo a dirotto rendeva difficile non solo il gioco ma addirittura l'equilibrio degli atleti. I bianconeri - come avevano già fatto nel primo tempo - attaccavano con sufficiente decisione, e sulla destra avanzava anche Del Sol che dopo un rapido scambio con Zigoni centrava lungo verso sinistra. Sulla palla, che aveva superato lo sbarramento dei laziali, piombava De Paoli che al volo di destro calciava con estrema violenza. Cei tentava di intervenire ma toccava appena il 'bolide'. La palla batteva sulla corda che sostiene la rete ben oltre la linea bianca e ricadeva a terra. Cei con gesto rapido la raccoglieva servendo Carosi. L'arbitro De Marchi era a pochi passi, ma invitava i laziali a continuare il gioco, interrompendo le feste che i bianconeri stavano facendo a De Paoli. Visto lo strano atteggiamento di De Marchi, De Paoli, Menichelli e Del Sol cercavano di convincere il direttore di gara ad interpellare il guardalinee, ma De Marchi irremovibile diceva di no. Fischiava anzi un fallo contro i torinesi 'per proteste'. Poi, dietro le insistenze di Castano, De Marchi finalmente si avvicinava al suo collaboratore, parlottava con lui per parecchio, poi decideva che la palla non era entrata. Sinceramente, il signor De Marchi ha sbagliato. Si dirà che non è la prima volta e che gli errori dell'arbitro determinano un risultato e che gli sbagli che oggi sono negativi potrebbero domani diventare favorevoli. Tutto vero. Però aveva ragione ieri il comm. Giordanetti (vice commissario bianconero) che nelle ultime tre partite — Mantova, Lanerossi e Lazio — ai Juventini erano stati annullati ben quattro goals, con il risultato di aver perso due punti, contro il Mantova e contro la Lazio, punti utilissimi per la classifica. Continuando di questo passo dove va a finire la regolarità del torneo? Lo chiediamo ai dirigenti della Federazione e specialmente ai dirigenti arbitrali. Non parliamo per una squadra o per l'altra; sosteniamo solamente la tesi della regolarità, e sosteniamo specialmente che certi arbitri, o perché giovani ed inesperti o perché anziani e sulla via del tramonto (è questo il caso di De Marchi) non possono più essere impiegati in gare importanti. E che Juventus-Lazio fosse una partita di grosso interesse già si sapeva, perché la Lazio non poteva perdere in quanto si trova impegnata nella lotta per non retrocedere e perché la Juventus nella disperata speranza di raggiungere l'Inter meritava in trasferta ben altra protezione che non quella fornitale dal modesto signor De Marchi".




















Il goal-fantasma irrompeva addirittura sulla prima pagina di L'Unità.


Il caso è clamoroso. Anche perché, per esempio, contro l'Inter - grande e potentissima: è il tempo della 'sudditanza psicologica' - non vengono assegnati calci di rigore da novanta partite, ricorda qualcuno. Ma, a parte questo - si aggiunge -, falsare le partite significa falsare il Totocalcio. Occorre trovare rimedi. Roberto Frosi (L'Unità, 24 gennaio) propone "di introdurre il foto finish (più precisamente il goal finish) anche nel calcio, alla stregua di quanto si fa nel ciclismo e nell'ippica. Se il ricorso al fotofinish non si dimostrasse possibile tecnicamente allora bisognerebbe studiare qualche altra soluzione: come per esempio dei giudici di linea ad imitazione di quanto avviene nel tennis. Certo è che ormai l'esperienza ha dimostrato la necessità di nuove tecniche o di nuove soluzioni per garantire la regolarità dei risultati ai fini della classifica e del Totocalcio: certo è che non si può più andare avanti così. Nell'epoca dei razzi interplanetari, delle grandi conquiste scientifiche in ogni campo, nell'epoca in cui è più forte il senso della giustizia o dell'ingiustizia il calcio è regolato ancora da norme che potevano forse essere valide al tempo delle carrozze a cavalli. Non diciamo con ciò che si potrà arrivare addirittura alla eliminazione degli errori: ma ad una diminuzione delle probabilità di errore si può e si deve arrivare".

Istantanea decisiva: la freccia indica qualcosa che
potrebbe anche essere un pallone di cuoio

Il buon De Marchi si difende come deve e come può. "Ho spedito il mio rapporto alla Lega subito dopo la partita ed ho scritto onestamente ciò che ho visto e ciò che è accaduto sul campo. Ho riferito anche il mio colloquio con il mio guardialinee. Mi dispiace proprio, ma io il goal di De Paoli non l'ho visto. La TV mi ha dato torto? Non posso farci niente ... Io ho riferito ciò che ho visto, di più non potevo fare" (L'Unità, 25 gennaio).

Vittore Catella, deputato e presidente della Juventus, scrive telegrammi a tutti, a difesa del club e della regolarità del campionato. Dall'Inter rispondono per le rime. Parla soprattutto Helenio. "La TV crea le vittime. Questa volta è il turno della Juventus",
Nasce (o meglio, si consolida), tra le due società, un'inimicizia destinata a durare.
Le chiacchiere e le polemiche infestano per giorni le pagine dei quotidiani (sportivi e non). Nessun dirigente del calcio italiano rinuncia a dire la sua. Si inaugura un costume. Da allora, ogni errore arbitrale considerato 'importante' occupa ogni spazio. Viene riproposto da tutte le angolazioni possibili. Se ne discute, spesso in malafede. E sono discussioni infinite. Maleducate. E sterili, perché coloro che invocano soluzioni (anche ragionevoli) saranno sempre i primi a boicottarle.

E' passato quasi mezzo secolo; dunque, poco o nulla è cambiato. Come palesemente attesta il corsivo (non firmato) apparso su La Stampa il 25 gennaio 1967. "La polemica per il goal, segnato domenica da De Paoli e non concesso dall'arbitro, s'è fatta violenta, quasi cattiva. Addirittura s'è spostata nei termini: non si parla quasi più della rete del centroavanti bianconero, sulla quale non possono sussistere dubbi, in proposito è soltanto lecito sottolineare l'assurdo di un regolamento che carica sulle spalle del direttore di gara una responsabilità troppo grande e che, nei rigori di una legge che non ammette replica, nega l'evidenza. Le discussioni, piuttosto, hanno coinvolto le due più celebri società italiane, la Juventus e l'Inter, i cui dirigenti sembrano impegnati in una sfida a botta e risposta, sfida che presenta evidenti conseguenze pericolose, specie perché si è accesa in un momento delicato, quando l'infallibile barometro dell'affluenza del pubblico agli stadi indica un sia pur lieve calo nell'interesse generale. Gli appassionati diminuiscono di numero, e poco importa se danno l'impressione di voler rimediare con l'intensità del loro tifo. Già sono suonati parecchi campanelli d'allarme, quanto è successo di recente a Brescia, nell'occasione della partita con il Torino, oppure a Firenze per la gara con l'Inter, dovrebbe far meditare su incidenti che un giorno o l'altro possono diventare decisamente gravi e che comunque rappresentano la dimostrazione pratica di un'insofferenza al di fuori ed al di sopra della logica, tenendo conto che si tratta di semplici avvenimenti sportivi. Adesso, in questo ambiente già avvelenato dalle discussioni, la sfortunata disavventura del signor De Marchi è venuta ad aggiungere motivo di dissensi gravi ed insidiosi. Oggi la Lega Calcio, a Milano, esaminerà il rapporto del direttore di Lazio-Juventus e, salvo eccezionali sorprese, verrà sanzionato lo 0-0 con cui la gara si è conclusa: ai bianconeri resterà quindi la magra soddisfazione d'aver ragione, nella certezza, convalidata da milioni di telespettatori, di essere stati defraudati di un regolare successo. Regolamenti più moderni, come quelli già adottati da altre discipline sportive, dovrebbero permettere di rimediare agli eventuali sbagli più clamorosi degli arbitri; ma se ne parlerà nel futuro, se mai se ne parlerà. La situazione attuale resta quindi qual è, in un'atmosfera tesa, nella quale i commissari della Juventus e dell'Inter sono impegnati in un'aspra polemica. E' una pagina nuova, nella convulsa vicenda del campionato, una pagina nuova ma non lieta. E l'uomo della strada si chiede: quando e come verrà chiusa?".

Come si suol dire, non c'è nulla di più inedito della carta stampata.

Mans