Biella, lunedì mattina [6 gennaio 1969]
L'Omegna è riuscita ad aggiudicarsi la «partitissima» della serie D 
e, alla vigilia del confronto casalingo con il Derthona, culla 
giustificati sogni di promozione. Il rigore realizzato da Avanzo al 5' 
della ripresa è valso a condannare una Cossatese che fino a quel momento
 non aveva fatto molto per meritare i due punti. Questo è tutto quanto 
si può dire in termini squisitamente sportivi sulla partita che opponeva
 al campo Lamarmora di Biella, dinnanzi a quattromila spettatori, due 
delle tre squadre fino a ieri a pari punti in testa alla classifica. 
Perché dal 5' della ripresa e fino al termine, quello che è successo 
appartiene alle note più malinconiche del gioco del calcio. 
Quaranta 
minuti nel corso dei quali è successo di tutto, con l'arbitro, il signor
 Laurenti di Padova, protagonista indiscusso di uno spettacolo assai 
deprimente. In quattordici minuti, dal 18' al 32', dopo che in tribuna e
 sul campo si erano già chiaramente ravvisati i sintomi del nervosismo 
per la discutibilità del rigore concesso, l'arbitro ha battuto ogni 
record in senso assoluto decretando sette espulsioni e ammonendo due 
giocatori. Al termine, mentre le squadre rientravano negli spogliatoi un
 dirigente della Cossatese ha tentato di aggredire l'arbitro e un 
ragazzino, molto più svelto, ha rovesciato in testa al direttore di gara
 un secchio d'acqua, poco consigliabile con queste temperature. Per 
sfuggire ai tifosi inferociti, poi, il signor Laurenti ha dovuto 
lasciare Biella scortato dalla polizia dopo aver abbandonato lo stadio, 
un'ora dopo la fine della partita, per una via secondaria. Il discusso 
episodio del «rigore» si è verificato al 5' della ripresa. L'Omegna 
insiste in una certa prevalenza offensiva, mentre la Cossatese non 
riesce a ritrovare il solito filone di gioco. Bossi allunga sulla 
sinistra una palla per Omini che all'ingresso in area viene atterrato 
dall'arretrato centravanti cossatese, Granai. L'arbitro senza indugio 
concede il rigore. Inutili le proteste degli azzurri. Dalla tribuna è 
parso che il fallo esistesse, ma si può discutere sulla zona in cui è 
stato commesso: già in piena area, oppure sul limite. Batte Avanzo e 
Camposeo non ripete il miracolo di Vercelli. Palla in rete a destra del 
portiere spiazzato a sinistra: 1-0. 
In tribuna iniziano le scazzottature
 tra i tifosi, il gioco diventa nervoso (nel primo tempo era stato 
piacevole), gli incidenti aumentano d'intensità. Al 18' Tromellini 
(già ammonito) si lamenta con l'arbitro perché questo chiama i giocatori
 dell'Omegna per nome. «Allora li conosce proprio tutti!» dice 
Tromellini. «Vada fuori» risponde l'arbitro. L'espulsione scatena le 
proteste della panchina biellese. L'arbitro invoca con ampi gesti 
l'intervento della forza pubblica. Espelle anche il portiere di riserva 
Accanto, e i dirigenti Faccio e Paschetto. I tifosi più esagitati 
cercano di scavalcare la rete di recinzione del campo per buttarsi 
sull'arbitro, altri più ragionevoli li bloccano. Il gioco riprende. 
Ormai non è più una partita di calcio, tale e tanto è il nervosismo. Al 
25' Rastrello, centravanti dell'Omegna, commette un fallo normalissimo 
su De Girardi. L'arbitro decide di espellere anche Pastrello. Al 30' 
Granai (già ammonito per simulazione) commette un doppio fallo su Bossi e
 viene espulso, giustamente. 
Non è finita. Al 32' l'omegnese Bottini 
finisce a terra dopo un contrasto con un difensore della Cossatese. Il 
signor Laurenti ravvisa gli estremi della simulazione e allontana dal 
campo l'attaccante dell'Omegna. La partita termina tra i fischi, le 
ingiurie e le minacce del pubblico. Al rientro negli spogliatoi, il 
dirigente Faccio cerca di aggredire l'arbitro ma viene fermato in 
tempo; quindi l'attentato del ragazzino che si improvvisa pompiere 
rovesciando sul capo dell'arbitro un secchio d'acqua. In mezzo a tanta 
confusione, nel finale spicca la figura del commissario del campo, il 
quale dicendo «Sono il commissario» dà ordini a tutti, allontana tutti
 e minaccia i giornalisti di espulsione dallo stadio senza un valido 
motivo. Viene naturale di prenderlo per un funzionario di polizia e 
quando si scopre che, invece, è il commissario di campo lo si 
affianca, sorridendo, all'arbitro nel quadro di una infelice giornata 
per i responsabili della giustizia calcistica. 
Franco Costa, "Stampa Sera", 6 gennaio 1969, p. 11. Vedi anche, ivi: La panchina del trainer incendiata a Padova