Sconfitti a Parc Astrid dopo lo scialbo pareggio di San Siro, gli azzurri escono dall'europeo all'altezza dei quarti di finale. Valcareggi si affida ancora alla vecchia guardia; pochissimi i ricambi. Calcisticamente, l'Italia è rimasta al decennio precedente, e lì rimarrà per un altro paio d'anni. Riproduciamo il malinconico e feroce resoconto inviato a La Stampa nell'occasione da Giovanni Arpino.
Bruxelles, 13 maggio.
Gli azzurri hanno ceduto a Bruxelles malgrado una disperata battaglia, ed escono dalla Coppa Europa dopo un'ennesima dimostrazione di calcio pessimo, di manovre sfuocate, di velleità agonistiche bruciate su un falò di illusioni. I tifosi venuti in Belgio dopo viaggi di mille o duemila chilometri - dalla Germania, dalla Francia - si strappavano i capelli in testa stanotte, anche se avrebbero voluto prendere per il collo qualche atleta italiano. Sono volate parole grosse, minacce e hanno avuto molto lavoro persino le barelle.
La delusione è enorme, e c'è già chi parla di una seconda Corea. Perché l'onesto Belgio, tutt'altro che irresistibile, è apparso ai nostri confronti una squadra quadrata, seria, tesa quel tanto che bastava per difendere le sue possibilità, ma certo non è la Germania di Netzer né il Brasile di Pelé. La cronaca della gara la dice lunga sugli sforzi impotenti dei nostri azzurri, alla ricerca di schemi che non possiedono o non sanno più ritrovare. La gestione Valcareggi è alla fine, il ricordo messicano è ormai un'anticaglia onorevolissima ma da raccontare ai nipoti. La sconfìtta di Bruxelles, invece, così bruciante, così amara e tuttavia inoppugnabile, è la realtà finale, di questa gestione tecnica, è la prova del nove che bisognava porre rimedio prima e che da oggi si apre una stagione diffìcile, quasi crudele per il futuro della squadra azzurra.
Sono i belgi a partire per primi, anticipando un possibile ed anzi preveduto sprint iniziale degli azzurri. Spinosi e Benetti faticano a trovare immediata posizione, Mazzola sbaglia tocchi su tocchi in avanti, il centrocampo italiano non si disimpegna come dovrebbe. Anche se gli uomini di Goethals non fanno faville, tuttavia il controllo delle manovre, del pallone, gli appartiene, mentre il filtro degli azzurri lascia molto a desiderare. Il primo quarto d'ora si svolge quasi tutto nella metà campo italiana, con rimpalli violenti, con pallonate casuali, con notevoli fallosità perpetrate dai nostri difensori, che fanno muro, ma non riescono a rielaborare un qualsiasi tipo di manovra in avanti. Apparentemente il gioco sembra vigoroso, ma è condotto da atleti stanchi che perdono lucidità nel controllo, certo non favoriti dal maligno vento che disturba le triangolazioni. La cerniera italiana, che dovrebbe far perno su Benetti, De Sisti, Bertini, denuncia subito notevoli impacci, molta fatica nelle rielaborazioni, e anche Mazzola appare assai meno pronto e svelto di quanto ci si aspetterebbe.
Dopo i primi 15 minuti gli italiani (passato uno spavento creato da Benetti per Albertosi) tentano un paio di sortite che la difesa belga contrae con discreta facilità. Si sprecano gli scontri, i falli e anche le solite recite di Semmeling. Ma è proprio l'ala destra belga ad ottenere una punizione cadendo e ricadendo da vero clown, e il suo cross in area è colto perfettamente dalla fronte di Van Moer, al 23', che segna seccamente a tre metri da Albertosi. E' l'uno a zero che crea disagio e rabbia profonda negli azzurri, ma sottolinea la precarietà dei nostri reparti, che fino a questo momento sono riusciti a contrastare gli avversari solo con pura opposizione di singoli atleti, mai con autentiche manovre. I belgi non sembrano affatto irresistibili, ma la spuntano lo stesso dal centrocampo fino alla nostra area proprio per la fragilità del telaio azzurro e per gli abbandoni di alcuni uomini, tra cui Mazzola, che dopo dieci palloni sbagliati, al 27' ottiene una punizione a sei metri dall'area belga: batte Riva, ma la difesa bianca respinge senza paura. Al 29' un'azione di Mazzola e Spinosi vede un cross dello stopper azzurro che Piot anticipa precipitando su Riva. La squadra italiana dimostra di non saper girare con la necessaria lucidità e se i belgi non fanno complimenti (specie su Boninsegna) diversi azzurri denunciano i propri limiti di condizione fisica e di quadratura tra reparto e reparto, oltre a dimostrare una notevole quanto impotente cattiveria.
Al 32' gli italiani potrebbro pareggiare, ma il portiere Piot è bravissimo a tuffarsi tra i piedi di De Sisti, liberato in area da uno stretto dialogo di Mazzola-Riva. Un'occasione d'oro, che però dimostra come il numero uno belga sia di statura notevolissima oltre che protetto da una difesa assai smaliziata. Una discesa di Facchetti, che rifornisce Riva e poi Boninsegna (subito anticipato) lo dimostra nuovamente al 35'. Il tempo si chiude con ripicche anche troppo brusche sul campo, con una punizione non sfruttata da Boninsegna e grande amarezza nel pubblico, quasi tutto italiano, di Anderlecht. Un pubblico che malgrado il tifo vede gli azzurri recitare una parte malinconica, priva di estro, di organiche capacità anche se con patetica e indubbia buona voglia.
La ripresa inizia con Capello al posto di Bertini, talmente ossesso da far fuori anche il belga Van Moer (sostituito da Polleunis). La cornice della gara, il suo senso segreto non cambiano. I belgi dimostrano di battersi davvero per una semifinale di Coppa Europa, gli azzurri innestano il loro 'forcing' ma con una rabbia che non trova sfogo nelle manovre. Due volte, tra il 5' e il 7', Facchetti porta avanti tutta la squadra (e tira anche a rete) ma senza che il gioco italiano sappia distendersi con la necessaria autorità. Un'azione Capello-Benetti si conclude con un cross che crea una gran rissa in area belga, e con un fallo su Boninsegna per cui i nostri reclamano invano l'attenzione dell'arbitro (siamo al nono minuto).
La difesa belga è molto ben organizzata per sfruttare il fuorigioco, ma ciò che si nota soprattutto è il calo fisico di quelli che furono i nostri grandi combattenti: da un Boninsegna in forma precaria ad un Riva che non rischia più neppure un'unghia di se stesso, e che appena è in possesso del pallone lo smista a gran velocità, evitando il necessario dribbling che s'impone ad una punta, ad un goleador della sua fama. Gli azzurri ottengono ancora una punizione poco fuori dell'area al 16' per fallo su Boninsegna: batte Riva, per l'ennesima volta sulla barriera. Il gioco non sfrutta molto la posizione di Capello, che funge da regista di destra, mentre De Sisti avanzatissimo è in disperata ricerca di un pallone-gol che significherebbe anche l'assoluzione parziale di tutta la squadra. Su una papera di Cera, scavalcato da due belgi al 19', Albertosi si avventura in una scivolata che salva la sua porta da un secondo gol. Al 20' qualche scambio di cazzotti tra Boninsegna e Dolmans, con finzioni di svenimenti e rotoloni per le terre. C'è birra, ma soltanto nei nervi, non certo nelle concezioni di gioco. Alle botte in campo (e ad una finzione del solito Semmeling che 'recita' un fallo da rigore al 24') corrispondono solenni scambi di ombrellate e pugni anche in tribuna, dove il pubblico di parte italiana non digerisce l'andamento di una gara così balorda.
Al 26' il Belgio raddoppia in modo impeccabile: palla da Lambert in cross tagliato per Van Himst che al volo batte di sinistro e fa secchi sia Spinosi, anticipato, sia Albertosi. Il famoso contropiede temuto a Bruxelles porta l'etichetta belga e non quella azzurra. Qui gli italiani reagiscono con una ferocia passionale che è tanto patetica quanto scoordinata: inutilmente Boninsegna si butta come un ariete, inutilmente Facchetti si catapulta in area belga, inutilmente Mazzola e Capello cercano di crossare i palloni a spiovere.
Il Belgio tiene bene, con ordine, mettendo in risalto la fragilità delle trame azzurre per la confusione di un centrocampo che non sa dettare azioni profonde, sulle quali la scarsità delle punte è addirittura penosa (tra il Riva che non c'è e il Boninsegna che si limita a picchiare come in un saloon da film western). Vola ancora al 37' Albertosi per interrompere un duetto Lambert-Van Himst. Al 39' Piot respinge una pallonata di Benetti e sul forcing azzurro l'arbitro concede un rigore per fallo su Capello, falciato dal terzino destro belga al 40' dopo un passaggio di Romeo. Riva trafigge Piot con un sinistro basso. Anche i belgi reclamano rigore per una carica subita da Van Himst al 42' in area italiana. Un disperato assalto conclude la notte di Anderlecht: gli azzurri lanciati in massa in avanti per ottenere almeno un pareggio, i belgi ammucchiati (ma con molta geometria) a difesa del proprio vantaggio. Per la Nazionale che fu è tempo di ripensamento, di autocritica onesta, di ricostruzione. Su quanto accadde in questi anni di bello, di brutto, e di non rammodernato, cala la tela.
Giovanni Arpino
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