Ospite del "Festival of Britain", l'Argentina s'impantana a Wembley (9 maggio 1951)

La guerra era finita da qualche anno, ma i tempi restavano difficili anche per l'Inghilterra. Fu perciò che nel maggio del 1951 (dunque a cent'anni esatti di distanza dalla Great Exhibition del 1851, la prima vera, grande Esposizione universale, e dopo almeno 5 anni di preparativi) - il governo laburista organizzò il Festival of Britain. Il paese guardava al futuro e rivendicava il suo orgoglio, cercando di raccontare se stesso: "una rassegna dello spirito, dell'invenzione, della storia inglese" [CorSera, Domenico Bartoli, 18 maggio 1951], nel quale un ruolo principale fu occupato dalla tecnologia. Il 3 maggio, giorno della solenne inaugurazione, Londra era già invasa da folle di turisti. Si prevedeva che i padiglioni costruiti nella South Bank, dove spiccava  l'immensa cupola della Dome of Discovery, sarebbero stati visitati da milioni di persone.



Nella grande manifestazione, parte non marginale ebbe lo sport. E, in particolare, il football. Club e rappresentative di vari paesi accettarono l'invito a disputare partite (relativamente amichevoli) sui campi dello United Kingdom. L'Inghilterra aveva ormai rinunciato al suo tradizionale isolamento, e il Festival consentiva alla FA di rafforzare i suoi legami internazionali. Un fitto programma di partite [vedi: l'elenco riguarda solo i matches tra squadre di club], avviato il 7 e concluso il 15 maggio. Da Londra, Vittorio Pozzo lo descrive con entusiastico trasporto (ma chissà: non è detto che sotto sotto non ci fosse dell'ironia): "L'Inghilterra ha organizzato la più grande delle manifestazioni calcistiche che si sia mai visto. L'occasione l'ha fornita quel festival britannico che si celebra una volta ogni cento anni, e per riunire le folle il calcio ha messo assieme una manifestazione la cui importanza e grandiosità può essere meglio di ogni cosa rappresentata da queste cifre: circa cento squadre in competizione, di cui più della metà non britanniche, venti Paesi diversi rappresentati e una quantità di incontri internazionali veri e propri fra i più interessanti che gli appassionati del calcio possano desiderare. Qui si dice che questa manifestazione valga di più di due olimpiadi o di due campionati del mondo messi assieme e l'affermazione non appare esagerata se si pensa che ad essa concorrono rappresentanti di squadre nazionali e di squadre di società assieme. Sono qui per esempio quasi tutti i giocatori jugoslavi che hanno giocato contro l'Italia domenica scorsa, ripartiti nelle tre squadre di origine - Dinamo, Stella Rossa e Partizan -, è qui la squadra nazionale francese che dovrà fra venti giorni giocare contro l'Italia a Genova ..." [La Stampa, 9 maggio 1951].

Non era trascorso nemmeno un anno dalla disastrosa spedizione albionica in Brasile; il prestigio dei maestri era ancora grande, ma in considerevole ribasso. E difatti, nella prima giornata di incontri, pochi giorni dopo la conclusione della First Division, di questo declino arrivò un immediato e chiaro segnale. Il Tottenham, conquistato il suo primo titolo nella stagione in cui era tornato a frequentare il torneo principale dopo anni di purgatorio nella Second Division, era superato a White Hart Lane dall'Austria di Vienna. Uno smacco. Nei giorni successivi, il Derby County verrà inchiodato sul pari dal Borussia Dortmund, e lo stesso accade al Liverpool contro il Saarbrücken, al Newcastle contro lo Stade Rennais, al Leeds contro il Rapid, allo United contro la Stella Rossa. Non delude invece il Fulham, che ottiene un bel 3-1 sulla Dinamo di Zagabria.

Il vero clou del festival era però fissato a Wembley per il pomeriggio del 9. La selezione di un grande paese sudamericano accettava di misurarsi con gli inventori del gioco, evento sempre rinviato. Per la prima volta, si affrontavano Inghilterra e Argentina. Confronto inedito, affascinante. L'Albiceleste, peraltro, non veniva in Europa dal lontano 1928, quando partecipò alle Olimpiadi di Amsterdam. "L'incontro fra l'Inghilterra e l'Argentina può diventare un episodio importante per l'indirizzo definitivo del calcio mondiale. Gli argentini sono infatti fra i pochi che ancora difendono la bandiera del metodo. Essi vengono in un paese in cui i difensori del sistema vanno ogni giorno più perdendo terreno, accusati come sono di essere i veri colpevoli del decadimento del calcio britannico" [Vittorio Pozzo, cit.]. Scontro ideologico-calcistico, secondo Monsù Poss. Confronto tra modi di giocare ormai superati, sostiene Martin, esperto de L'Unità. Interessante il suo reportage apparso sul quotidiano comunista il giorno della partita [qui], tutto funzionale alle conclusioni.

"Per il Festival britannico oltre le numerosissime partite tra squadre di clubs sono state organizzate alcune partite internazionali tra la nazionale inglese e diverse compagini estere tra cui fa spicco quella argentina. Inghilterra-Argentina si gioca oggi a Londra e l'attesa tra gli sportivi della capitale britannica è vivissima. Forse ingiustamente questo incontro è stato definito l'incontro n. 1 del 1951 e alcuni giornali amanti delle frasi d'effetto l'hanno chiamato «l'incontro del secolo». L'Inghilterra sta attraversando un periodo di crisi e non per niente in questo ultimo anno calcistico le è accaduto di subire dei duri rovesci, prima al campionato del mondo e poi in casa propria, dove prima è stata sconfitta dalla Scozia e poi ha pareggiato con la Jugoslavia. Dopo un cinquantennio e oltre di indiscussa superiorità e dopo aver battuto in casa propria i diciassette avversari dell'Europa Continentale che le si erano presentati contro, l'Inghilterra quest'anno si è arrestata. Già nel '49 aveva dato segni di essere in declino e con noi aveva ben faticato a vincere. Ora i tecnici anglosassoni contro l'Argentina sono ritornati all'antico; hanno scartato la maggior parte dei giocatori giovani che avevano inserito nell'undici nel '49-'50 e hanno rispolverato quasi tutti i giocatori che avevano fatto parte delle formidabili compagini che avevano mietuto allori su allori nel 1948.
Anche in Inghilterra il professionismo ha finito per fiaccare la coscienza del pur valido e forte, per tradizioni e competenze, gioco inglese. I «clubs» preoccupati dell'alto costo dei giocatori legati da quasi inscindibili contratti, travagliati da tutti gli ostacoli antisportivi che genera il mercantilismo nello sport, non hanno fatto grandi passi avanti. Il sistema, che è una creatura del calcio di Oltre Manica, non ha più avuto modifiche, non ha subito evoluzioni e si può dire che nazioni giunte assai dopo al calcio moderno come l'Ungheria, l'Austria, l'Unione Sovietica hanno ormai superato l'antica maestra.
L'Argentina ha una squadra eterogenea dove vi sono i campioni di squadre assolutamente metodiste e altri che appartengono a sodalizi che da circa un anno, come il Racing, sono passate all'esperimento sistemista. In tutti i giocatori sud-americani, però, prevale nettamente il gioco individuale fatto apposta per estasiare le platee e perciò raramente le comitive di laggiù danno dimostrazioni di bel gioco collettivo. A Londra, dunque, si vedranno sistemisti anzianotti anzichenò, dal gioco sistemista un po' stantio, contro i maestri del dribbling e della stoccata. Per gli argentini che preparano il tiro a rete con mille inutili fronzoli, che hanno l'abitudine di incubare l'azione decisiva con lunghe pause esibizionistiche, non sarà molto facile oltrepassare la rigida barriera sistemista degli anglosassoni che da parte loro, imbozzoliti nei vecchi schemi, con una squadra anziana, faranno cosa potranno. Le due squadre sono l'espressione di nazioni che sportivamente sono un po' ferme, che non hanno capito che ormai il calcio si è talmente evoluto, che è diventato una specie di scienza, di matematica e non per niente in Ungheria e nell'URSS sono stati stampati numerosissimi manuali in cui il gioco è trattato come una materia scientifica e gli allenatori frequentano difficili e lunghi corsi di preparazione e innumerevoli sono i medici, i laureati che si dedicano al delicato mestiere di allenatore e di tecnico".

Insomma, altro che "incontro del secolo": quello che andrà in scena a Wembley è da considerare un confronto tra scuole ormai superate. Calcio obsoleto.

Come fu la partita? Sentiamo Monsù Poss [La Stampa e Stampa Sera, 10 maggio 1951].

Billy Wright e Norberto Yácono

"L'Argentina, uno dei paesi più evoluti del mondo in fatto di giuoco del calcio ha fatto, come studio e confronto con il calcio inglese, l'esperienza di coloro che l'hanno preceduta. E' così. In fatto di sport le esperienze degli uni non servono agli altri. Ognuno vuol venire a vedere, ognuno vuole toccare con mano e sentire sulla pelle propria l'emozione di certe differenze e la staffilata di certe cose impreviste. L'ambiente di ieri era il più tipicamente inglese che si possa immaginare. Aveva piovuto tutta la notte, quella pioggia lenta, continua, uggiosa, che penetra nel terreno e nelle membra di chi ci va su. Dai fuochi a carbone accesi negli alberghi e nelle case. Molto gradevole. Fuori aria fredda, e umidità dappertutto. Cessò di piovere proprio per la durata dell'incontro, come per non infierire esageratamente sugli ospiti. E il terreno dello stadio di Wembley sul quale non si giuocano se non gli incontri di eccezionale importanza era in buone condizioni ... soffice di quel tanto che bastava per mettere a dura prova la muscolatura di gente che già l'umidità si sentiva addosso. Nel secondo tempo erano tutti come paralizzati, gli argentini. Risentivano tutti di quegli indolenzimenti agli attacchi dei muscoli, al di sopra della caviglia, che sono i parenti prossimi dei crampi di cui si erano lamentati tanto i nostri giuocatori la prima volta che avevano dovuto operare in quelle condizioni. A qualcuno era avvenuto di peggio: aveva dovuto andarsene - o restare in campo inutilizzato - per lesioni alle giunture o alla muscolatura. Per di più la struttura atletica dell'undici messo in campo dall'Argentina era davvero piuttosto modesta. Quasi tutti gli uomini erano superati in statura e in robustezza dai loro avversari diretti. Tutti lo erano in fatto di durezza delle ossa. Loustau e Labruna sulla sinistra dell'attacco scomparivano quasi nei contatti con gli oppositori. Un complesso di inferiorità fisica che produsse, come prima cosa, la scomparsa della prima linea a un certo punto dell'incontro. Non fu che in linea puramente tecnica che gli ospiti poterono dire la loro parola, dimostrando chiaramente che in altre condizioni di ambiente ben diverso sarebbe stato il loro rendimento. Per questo il loro contegno merita ogni rilievo e apprezzamento sotto il punto di vista morale, che è quello di una squadra che avendo il vantaggio nelle mani se lo sentiva sfuggire, perché gradualmente le dita più non rispondevano alla volontà e cedevano allo sforzo. L'italo-argentino Stabile, che ha la responsabilità tecnica della squadra, queste cose le sa e le ha viste. E' un uomo intelligente che conosce il giuoco e continua a studiarlo. Si lamenta della Colombia che gli ha portato via le pedine più preziose fra cui tre centravanti - proprio la posizione che è rimasta maggiormente allo scoperto -, tre centravanti di gran classe e di età decrescente: Pedernera, Pontoni e Di Stefano -, ed ha paura che non sia finita".

Harald Hassal all'assalto della porta argentina

"Per ottanta minuti su novanta gli argentini di Stabile hanno potuto sperare, e magari credere, di poter battere, loro per primi, l'Inghilterra su suolo inglese in giornata dal tempo inglese. Mancavano dieci minuti al termine dell'incontro ed essi vincevano ancora, per il margine di una sola rete, ma vincevano. Aveva segnato al 17° minuto del primo tempo Mario Boyé, proprio lui, il fuggitivo di Genova, e quello che più conta aveva segnato di testa, proprio lui che annovera fra le sue deficienze quella di non sapersi servire che molto imperfettamente della parte superiore del corpo. L'azione era stata bella ed avvincente, anche se a dare il successo agli ospiti aveva contribuito un elemento di errore del portiere avversario. L'ala sinistra Loustau, avanzando in corsa, aveva servito in profondità la sua mezz'ala Labruna; questi aveva attratto su di sé il terzino inglese Ramsey, e prima di essere raggiunto dall'avversario aveva centrato alto, evitando anche Williams che, intuito quanto stava per avvenire, gli era uscito incontro ed era rimasto a terra. A Boyé, che gli si era precipitato davanti, altro non rimaneva che allungare il collo e deviare la palla nella rete sguarnita. Su quell'uno a zero si imperniò tutta la partita. Gli argentini avevano il vantaggio nelle mani e dovevano difenderlo. Come vedremo, si erano poco per volta, anche costretti dalle circostanze, ridotti a poco altro se non a difenderlo. Stabile aveva finito per mettere in campo la mezz'ala destra Mendez [recte Menéndez] contando di poterla eventualmente sostituire, secondo gli accordi intervenuti. Poco dopo la mezz'ora invece il terzino destro Colman si produceva una distorsione a un piede, e quello andava sostituito sul serio, e subito. Entrava al suo posto Allegri. E Mendez, a posto o non a posto, continuava. Nel quadro generale degli scambi, l'Argentina cominciava allora a calare e l'Inghilterra a crescere, e alla metà tempo si giungeva sull'uno a zero a favore ancora degli ospiti. Non appena iniziata la ripresa la serie delle disavventure dell'Argentina si riapriva. Era il centroavanti Bravo che cadeva a terra vittima di uno strappo muscolare. Il giocatore si rifugiava, quasi immobilizzato, all'ala destra, ed al suo posto veniva al centro Boyé. La intensità di gioco degli inglesi cresceva ad ogni istante fino a trasformarsi in un vero assedio. E la porta degli argentini sfuggiva miracolosamente alla capitolazione in una serie impressionante di occasioni. Pali, parate eccezionali di Rugilo, concorso palese del caso, tutto concorreva a tenere vivo il vantaggio di chi l'aveva acciuffato nel primo tempo. Fino a che il portiere argentino riceveva una testata nella bocca dello stomaco. Continuava, comunque, e l'Argentina si attaccava disperatamente al filo di speranza che la legava al successo".

Miguel Armando Rugilo: la sua espressione non è rassicurante

"Di minuto in minuto l'Argentina calava e l'Inghilterra cresceva; ogni tanto il portiere dei sud-americani cadeva a terra e necessitava dell'aiuto del massaggiatore per riprendere. A dieci minuti dal termine Rugilo si produceva in una parata alta e lunga che aveva del miracoloso. Cadeva, si rialzava e su calcio d'angolo provocato dalla sua prodezza e tirato da Finney veniva battuto dalla testa del tanto noto in Italia Mortensen. Il gioco continuava e pochi minuti dopo anche la soddisfazione del pareggio sfuggiva loro dalle mani. Era Milburn che segnava irresistibilmente. Gli inglesi, che avevano avuto sino a pochi minuti prima una gran paura, vedevano capovolta la situazione e traevano un gran sospiro di sollievo. Per gli argentini era, al contrario, il crollo di un sogno. Troppo bello questo sogno. L'intera squadra reclinava il capo in mestizia, e noi spettatori neutrali, pur riconoscendo che il risultato era giusto e che la tecnica faceva bene a esprimere in quel modo la sua parola decisiva, non potevamo fare a meno di simpatizzare con quei figli di italiani, con quei rappresentanti della nostra razza che di tanto sfortunato valore avevano dato prova. Erano avviliti, in spogliatoio, Jacono e i suoi compagni. Ma la vittoria nella giornata era stata la condizione fisica a riportarla. I piccoli argentini, usi al clima caldo e ai terreni leggeri, s'erano trovati ad urtare contro questa gente dura, forte, decisa, atleticamente più attrezzata di loro. Come contro un muro. Poco da fare. Avevano fatto fin troppo su quel terreno molle, in quella umidità, essi che quasi non giocano in casa loro quando piove. Alla fine gli inglesi andavano più forte che all'inizio, contro gente ridotta sulle ginocchia. Questo spiega tutto, tutto quello che in questo breve resoconto non può essere altrimenti raccontato".



L'imbattibilità interna degli inglesi contro gente venuta da fuori dell'isola era salva. Gli argentini restavano nel loro limbo, e ci resteranno per molti anni ancora, nonostante i loro innumerevoli assi. E il calcio albionico si illuse d'essere ancora, e di poter continuare ad essere, inarrivabile per tutti. Altre delusioni erano in agguato.