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4 luglio 1912, Olympiastadion, Stoccolma
La nazionale inglese posa prima della conquista
del suo secondo titolo olimpico |
Come ho già cercato di argomentare in altra
sede, la specificità dei tornei olimpici di calcio non è quella di essere una competizione che raduni tutte le migliori scuole internazionali. A ogni edizione sono mancate, volta a volta, molte protagoniste di rango. L'attuale campione in carica, l'Argentina trascinata da Messi all'alloro olimpico in quel di Pechino, per esempio, non è presente al torneo britannico del 2012, né vi partecipano la seconda e la terza classificata ai mondiali del 2010 (Olanda e Germania) e nemmeno la vice campione e le altre semifinaliste dei recenti Europei (Italia, Germania e Portogallo). Non è dunque quella della ricchezza di presenze di squadre titolate la misura con cui dobbiamo guardare ai tornei olimpici della pedata.
La loro specificità è più politica - cioè più storica - che tecnica, e ha avuto a che fare, in primo luogo e a lungo, con l'ingombrante problema del professionismo sportivo. L'ideologia "amatoriale" dei giochi olimpici portò dapprima all'organizzazione di un autonomo campionato del mondo di calcio e poi all'ipocrita accettazione del dilettantismo di stato dei paesi socialisti: due fenomeni che svuotarono i tornei olimpici della partecipazione delle compagini maggiori e più qualificate, consegnando alla FIFA l'egida del calcio internazionale d'élite. Ammessi ai giochi finalmente anche gli atleti professionisti, negli ultimi vent'anni i Mondiali sono stati salvaguardati nella loro dominante specificità limitando sia nel numero delle squadre europee ammesse sia nell'età degli atleti la partecipazione ai tornei olimpici.
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13 agosto 1948, Wembley Stadium, Londra
Il terzino jugoslavo Miroslav Brozovic entra in tackle
sull'attaccante esterno svedese Niels Liedholm
nel corso della finale vinta dagli scandinavi |
La realtà è dunque stata sempre quella di competizioni calcistiche "minori", che hanno riscontrato, e continuano a riscontrare, inevitabilmente un minore interesse rispetto a Mondiali ed Europei. Il titolo olimpico conferisce comunque alla competizione calcistica un fascino particolare. Se la qualità media delle squadre partecipanti paga dazio all'universalismo (e all'elettorato) olimpico - che nelle edizioni recenti si traduce in una sovra rappresentanza delle nazioni africane e asiatiche -, il novero delle vincitrici è nondimeno di rango assoluto.
Se infatti ci volgiamo a riconsiderare la storia dei tornei olimpici, possiamo osservare come - a un primo colpo d'occhio - essi vantino un
palmarès di notevole blasone. Delle otto scuole calcistiche che hanno dominato finora le 19 edizioni dei Mondiali, solo il Brasile e la Germania non hanno ancora cinto il titolo olimpico, mentre le altre si sono aggiudicate 9 delle 22 edizioni disputate (e Gran Bretagna, che possiamo ascrivere alla
nation inglese, Uruguay e Argentina vantano due titoli ciascuna). Il Brasile, peraltro, ha conquistato due secondi e due terzi posti, e la Germania Ovest un terzo posto, così come la Germania Est (il cui movimento calcistico non è considerabile come complementare a quello occidentale) ha vinto il torneo del 1976.
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3 agosto 1996, Sanford Stadium, Athens (Georgia)
La nazionale della Nigeria festeggia il primo
grande successo internazionale del calcio africano |
Se poi guardiamo alle altre vincitrici, quasi tutte - Ungheria, che con tre ori è la più blasonata, URSS, Jugoslavia, Polonia, Cecoslovacchia, Svezia e Belgio - sono presenti almeno una volta tra le prime quattro nelle varie edizioni dei Mondiali. Dunque solo l'anomala Germania Est, e la più recenti vincitrici africane, Nigeria e Cameroon, non appartengono al ghota del calcio internazionale. Se poi consideriamo anche le vincitrici degli Europei, ritroviamo la Danimarca con tre argenti e un bronzo olimpici e l'Olanda con tre bronzi (e dunque - alla fin fine - manca all'appello, per ora, solo la Grecia). L'Italia vanta anche il primato del maggior numero di partecipazioni (15) con un titolo (nel 1936), due terzi (nel 1928 e nel 2004) e tre quarti posti (nel 1960, 1984 e 1988).
In altre parole, se guardiamo alle squadre vincitrici e alle migliori piazzate, i tornei olimpici hanno complessivamente rispecchiato i valori assoluti del calcio mondiale. Le più "esotiche" possono apparire, al più, le medaglie di bronzo della Norvegia nel 1936, del Giappone nel 1968 e del Ghana nel 1992, che peraltro trovano un
pendant nei terzi posti ai Mondiali degli USA nel 1930, del Cile nel 1962 o della Turchia nel 2002.
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13 giugno 1928, Olympisch Stadion, Amsterdam
Contrasto aereo nella finale tra Argentina e Uruguay.
Sulla destra osserva la scena José Leandro Andrade,
centromediano uruguagio, il primo grande giocatore
di colore della storia del calcio |
La specificità dei tornei olimpici, abbiamo detto, sta altrove. Innanzitutto nella loro storia, che merita di essere ripercorsa dalle origini. Essa può essere suddivisa in almeno quattro periodi coerenti. Il primo va dalle partite dimostrative nelle prime edizioni dei giochi olimpici fino alla contestata finale del torneo del 1920. Si trattò di un periodo caratterizzato da una duplice originarietà: da un lato, quella dei giochi olimpici, che presero forma progressivamente, e non senza torsioni, nei primi decenni del Novecento, dovendo oltretutto saltare la prevista edizione di Berlino del 1916 per lo scoppio della prima guerra mondiale; dall'altro, quella del gioco del calcio, che si diffuse pionieristicamente al di fuori delle isole britanniche solo in quegli anni.
Il secondo periodo può comprendere le edizioni olimpiche dal 1924 al 1936 ed appare caratterizzato dall'emersione del professionismo, nonché dall'importante riforma del regolamento sul fuorigioco del 1925 che rese più fluido e spettacolare il gioco. Gli anni venti sono considerati - come è noto - il decennio decisivo per la diffusione del football, in un certo qual senso l'era di nascita del calcio moderno, professionistico, intercontinentale e oggetto di popolare consumo di massa (grazie anche alla contemporanea diffusione delle cronache radiofoniche). Rafforzato con l'edizione del 1912 il purismo amatoriale dei giochi olimpici, fu gioco forza che il calcio finisse col darsi una competizione internazionale al di fuori di essi: lo strappo maturò, come vedremo, tra il 1928 e il 1932.
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10 settembre 1972, Olympiastadion, Monaco
Convenevoli tra i giocatori dell'Unione Sovietica e della Germania Est
al termine della finale per il terzo posto |
Non disputate, a causa del secondo conflitto mondiale, le edizioni del 1940 e 1944 (previste a Tokyo e a Londra), dal 1948 si aprì un lungo periodo in cui il torneo olimpico di calcio fu dominato dai paesi del blocco sovietico, che potevano vantare un apparente rispetto del dilettantismo olimpico. In realtà si trattava di un professionismo di stato che garantì alle nazioni dell'Europa orientale una soverchiante superiorità nei confronti delle compagni, di ben più modesta caratura, che gli altri paesi erano in grado di mettere insieme attingendo ai soli campionati dilettantistici o semi professionistici.
Tra l'edizione dei giochi del 1984, che fece cadere finalmente l'ipocrisia del dilettantismo, e quella del 1992, in cui fu adottata la formula, tuttora in essere, del torneo calcistico aperto ai soli under 23 (con eventuali fuori quota) per le nazionali europee e sudamericane, si situa il momento che possiamo considerare di avvio dell'ultimo periodo in cui è possibile storicizzare la storia dei tornei olimpici di calcio. Esso coincide con la diffusione globale del calcio a livello planetario e con un tendenziale livellamento dei valori assoluti, che ha consentito ad alcune compagini africane di conquistare per la prima volta nella storia alcuni podi e il titolo olimpico.
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29 luglio 2012, Old Trafford, Manchester
Il gol su calcio di punizione di Neymar in Brasile vs Bielorussia |
Difficile fare esercizi vaticinatori - una virtù che non appartiene, per metodo, agli storici -, ma è possibile che nelle prossime edizioni vada accentuandosi, anche per i tornei olimpici, l'asiaticizzazione del sistema, avviata con le edizioni di Seul del 1988 e Pechino del 2008 (oltre che con il Mondiale nippo-coreano del 2002 e con l'ormai consolidata tradizione di svolgere il torneo mondiale per club tra Giappone ed emirati), e confermata dall'assegnazione dei mondiali maggiori alla Russia nel 2018 e al Quatar nel 2022 e dalla crescita del movimento e, soprattutto, del mercato cinese. A differenza degli USA - in cui il calcio non è riuscito a scalfire, né con Pelé e Beckham né con i mondiali del 1994, l'egemonia degli sport indigeni - i paesi asiatici non vantano tradizioni concorrenti negli sport di squadra, ed è dunque possibile che, a lungo andare, comincino a primeggiare anche nel calcio, se non saranno travolti dalla corruzione e dalla criminalità organizzata che ne minano già adesso le fondamenta.
Azor