Inghilterra-Ungheria (25 novembre 1953): prima della partita

Le cronache di Monsù
25 novembre 1953

"The match of the Century", la partita del secolo. L'attesa è enorme. A Wembley arriva l'Aranycsapat, la squadra del decennio. Pozzo delinea il momento delle due nazionali, e preconizza (quasi auspica, si direbbe) la sconfitta inglese, che costituirebbe anche la sconfitta del (da lui non amato) sistema, il WM che si è imposto anche in Italia.

Londra, 24 novembre.
Esiste in Inghilterra un primato che supera quelli che ogni altro Paese del mondo, in qualunque disciplina sportiva si voglia, possa vantare. Questo primato è la squadra nazionale che ne rappresenta i colori che lo detiene. Non è mai stata battuta in casa propria, dalla rappresentativa di Paesi d'oltre Manica. Mai dacché esiste come squadra professionista. Ha aperto questo settore della sua carriera agli albori del secolo presente, nel lontano 1901, infliggendo alla squadra della Germania una sconfitta dalle proporzioni di un 12 a 0. E da allora, dalla sua uscita quindi, non ha piegato il ginocchio davanti a nessuno. Uno stato di servizio che le cifre illuminano di per se. Ha disputato sul proprio suolo 27 incontri di cui 24 contro squadre nazionali europee, una contro una squadra nazionale sudamericana, due contro l'Europa coalizzata. Ne ha chiuse vittoriosamente 23, ne ha finite 4 in pareggio, non ne ha persa una sola. Ha segnato complessivamente 122 reti, ne ha subite solo 32 in tutto. Più di mezzo secolo, esattamente 52 anni, di imbattibilità.

Il gesto di Mortensen

Gli inglesi hanno forgiato la parola "record" per indicare queste prodezze contro il tempo, contro lo spazio, contro gli uomini, per consacrare questi limiti raggiunti dalle prestazioni umane. Nel senso inglese del termine, nessun collegamento, nessun riferimento esiste con la parola italiana "ricordo". Nell'occasione però si può dire che si tratta di un fatto da ricordare. Anche perché il fenomeno a cui ci riferiamo sta per giungere al termine della sua esistenza. Almeno così sperano tutti i non inglesi. Non per nulla è convenuta qui gente da ogni parte d'Europa. Abbiamo incontrato in aereo, all'aeroporto, alla Federazioni inglese, giornalisti di quindici Paesi diversi. Hanno dirottato su Londra, prima di tornare a casa, i dirigenti dei Paesi dell'America settentrionale, centrale e meridionale che hanno preso parte pochi giorni or sono al congresso della Federazione internazionale tenutosi a Parigi.
Il crollo di questo primato del calcio inglese è un po' nell'aria. Da tempo grava nell'atmosfera, ma ora lo si sente, lo si subodora. C'è andata tante tolte vicino a cadere, l'Inghilterra, in questi ultimi tempi, che quasi lo si augura. E' cosa che è umano avvenga. Tanto vale non si faccia aspettare oltre. E' come una necessità sentita, per chi vive dalla parte continentale del Canale, s'intende.
C'è andata già molto vicino a cadere, la squadra nazionale inglese, si diceva. Due anni fa, nel 1951, la Francia prima, l'Austria poi e la Jugoslavia infine erano arrivate a chiudere sul 2 a 2 a Highbury e a Wembley, ma proprio all'orlo del cedimento, come un mese fa, non si era mai giunti. Trenta secondi, cioè la metà di un minuto primo, è un limite che è difficile superare senza precipitare, e in quel modo ancora: a mezzo d'un rigore, cioè. Il Mortensen di buona memoria torinese, che compie il gesto di uno di quei disperati che si fanno sfiorare e buttare a terra da un'automobile nella speranza di farsi pagare per nuovi. Il nostro Lorenzi lo ha fatto tre volle questo gesto nelle recente partita Internazionale-Milan. L'arbitro non gli diede retta e gli rispose che non contasse storie. A Mortensen, qui a Londra, un mese fa, forse perché un fallo vero nel frattempo era sopravvenuto, l'arbitro ha creduto e gli fece dono della massima punizione. E la nazionale inglese fu così salva. Altrimenti non saremmo qui in tanti ad aspettare che avvenga un fatto clamoroso che già sarebbe avvenuto.


Fortissimi gli ungheresi

L'assalto alla rocca, che molto per merito e anche un po' per caso si è salvata finora dalla capitolazione, è l'Ungheria che lo porta questa volta. La compagine più titolata per portarlo in questo momento. La migliore squadra dell'annata presente, dell'annata scorsa, delle ultime tre o quattro stagioni. Ha vinto il torneo delle Olimpiadi a Helsinki nel '52; sono, con quello dell'altro giorno contro la Svezia chiusosi in modo non molto glorioso, venticinque incontri consecutivi su campi di ogni Paese che l'Ungheria gioca e non perde. Si è preparata in modo specialissimo per l'avvenimento. Non ha fatto mistero delle sue intenzioni di essere la prima a compiere il gran fatto. Invitata a contribuire con diversi uomini suoi alla formazione dell'undici del resto d'Europa, poco più di un mese fa, rispose recisamente di no. Rispose che l'Inghilterra la voleva battere da sola, a Londra, con tutti uomini suoi. Si è chiusa in isolamento, proprio come il suo grande avversario, e ha atteso il giorno della prova. II quale è arrivato. E' quello di oggi. E trova gli occhi di tutto il mondo sportivo su di essa concentrati - e naturalmente lo stadio dei 120 mila di Wembley tutto venduto. Non è forse nel suo momento migliore, la squadra nazionale ungherese, proprio ora, non ha più un funzionamento così regolare e ritmico. Il suo motore ogni tanto manca qualche colpo. Ha avuto i suoi grattacapi interni, come avviene in tutto il mondo, li ha affrontati di petto, senza tergiversazioni né complimenti. Non li ha però, malgrado tutta la buona volontà, risolti appieno. I grattacapi coi quali ha da lottare riguardano comunque il problema di tutti, il problema dell'epoca moderna, quello delle mezze-ali. Lì i magiari erano particolarmente forti, lì se la mezz'ala destra Kocsic <sic> è veramente cosi fuori forma da non poter giocare o da dover giocare male, essi si troverebbero seriamente danneggiati, perché verrebbe tratta in sofferenza anche l'altra mezz'ala Puskas, che è una delle chiavi di volta del loro gioco. Più forte all'attacco che in difesa, l'Ungheria dovrebbe essere comunque in grado di trattare gli inglesi in casa loro come nessuno li ha trattati finora.

Cadrà finalmente l'Inghilterra? Questo il grande interrogativo dell'incontro. Non si parla d'altro. Se il fatto dovesse avverarsi, le ripercussioni giungeranno senza dubbio fino alla lontana Italia.