The Welsh Wizard




Guardandolo, immagini trascorra le sue giornate dietro una scrivania, ai piani nobili di Old Trafford, studiando i dossier degli osservatori; oppure sui campi di allenamento: chi meglio di lui potrebbe insegnare i fondamentali del football ai ragazzini? Stempiato e ingrigito, Mister Ryan Giggs mostra persino qualche anno in più dei quaranta che da oggi ha. Invece, non di rado trascorre tuttora il sabato sul palcoscenico del Teatro dei Sogni, e certo non prenota un divano o un tavolo al pub con vista tv per le serate di midweek consacrate alla Coppa. Di tanto in tanto, il suo piede mancino estrapola ancora da un repertorio antico (e che il tempo ha via via raffinato), colpi che producono sussulti del cuore in chi sa che, presto e inevitabilmente, il vecchio ragazzo riporrà scarpe e magliette nel baule; e che a quel punto gli anni migliori dei Red Devils, l'infinita epopea che ha superato quella dei Busby Babes, saranno davvero alle spalle.


Lui, The Welsh Wizard, non dev'essere uno incline a coltivare rimpianti. Gli basterà guardare la bacheca - e ricontare i trofei che ha vinto, sono moltissimi e difficili da tenere a memoria -, oppure rivedersi nelle immagini filmate di decine e decine di dribbling vincenti, di cross magistrali, di gol entusiasmanti. Probabilmente, agli inglesi sarebbe piaciuto che fosse inglese e non gallese. Avrebbe dato all'XI albionico estri efficaci, e cioè imprevedibilità non fine a se stessa; esattamente ciò che ai Tre Leoni è sempre mancato, nel confronto con le altre nazioni del mondo. Probabilmente, ai tifosi del City sarebbe piaciuto che i dirigenti degli Sky Blues fossero più accorti, e che Ferguson non glielo soffiasse da sotto il naso, il giorno in cui Ryan compiva 14 anni. Già. Il 29 novembre 1987, mentre i boriosi capoccioni dei Citizens decidevano di attendere una visita del ragazzo in sede, il manager scozzese e Joe Brown (allora capo degli osservatori United) recapitavano personalmente gli auguri di buon compleanno al giovane e talentuoso gallese, corredati da un contratto che lo condurrà al professionismo in tre anni.

Il limpido talento di questo Benjamin Button del football fu scovato nei campi di periferia da un lattaio. La famiglia Wilson-Giggs, proveniente da Cardiff, si era appena trasferita a malincuore a Swinton (Salford), cittadina della contea della Greater Manchester, per seguire il capofamiglia Danny Wilson, rugbista del Cardiff RFC, acquistato dagli Swinton Lions. 
Ryan Wilson e Dennis Schofield
Ryan Joseph Wilson aveva otto anni, frequentava il Grosvenor Road Primary e tra calcio e rugby divideva la sua passione sportiva. Buon sangue non mente, e Ryan – che cominciava a forgiare il proprio corpo in mischie con rivali decisamente più robusti di lui – suscitò presto l'interesse delle squadre di rugby di Wigan e St Helens. Ma fu durante una partita di calcio nel campetto della scuola che Wilson junior venne notato da Dennis Schofield, milkman e osservatore part-time del Manchester City, fulminato dalle giocate del bambino: «He was like a gazelle: tall, slim, motoring up the wing». Schofield, con un discreto passato da calciatore (nel 1952, di leva nellʼEsercito Britannico, giocò la finale della Army FA Challenge Cup contro un certo John Charles), fiutò all'istante la succulenta opportunità: parcheggiato il camioncino del latte, intercettava a bordo campo Lynne Giggs, madre di Ryan, e - dopo un'opera di convincimento durata qualche minuto – il figlio era ufficialmente la stella del Deans Youth Club, allenato e gestito dallo stesso Schofield.
Il campioncino dà spettacolo in alcuni tornei estivi sull'isola di Wight, la sua fama corre veloce e gli avversari spesso, nel prepartita, si avvicinano a Schofield per sapere se Ryan giocherà, orgogliosi di poter raccontare di aver duellato con una futura star. Si avvicinava così il traguardo dei 14 anni, quando Ryan poteva essere messo sotto contratto dai grandi clubs: e se Schofield spingeva verso l'amato  City, Ryan era un vero fan dello United. 

Del contratto, si è già detto. Due anni dopo Ryan Wilson venne convocato nella rappresentativa scolastica inglese (under 16): il 10 luglio 1989 ne indossava la fascia di capitano per il match giocato e vinto contro la Repubblica Federale Tedesca, nel tempio di Wembley (foto). Tuttavia, nonostante gli sforzi di Lawrie McMenemy, guida dell'Under 21, Ryan non potrà né vorrà mai più giocare per l'Inghilterra: il suo sangue è gallese, gallesi i suoi genitori (e della Sierra Leone il  nonno paterno). Nello stesso anno Ryan Wilson, sedicenne, diventava Ryan Giggs: ripudiato il cognome del manesco padre, dopo la separazione dei coniugi il ragazzo seguiva la madre Lynne. Cominciava così la lunga carriera dell'ala sinistra che corre, dribbla, segna e preserva i suoi muscoli con lo yoga e la danza: Eric Harrison, coach delle giovanili dello United, inseriva il ballet nel programma d'allenamento di Ryan per risolverne i fastidi ai muscoli posteriori della coscia, sciolti e potenziati sulle note del "Lago dei cigni".

Ryan Giggs e David Beckham
(da giovani)
Tutto quel che accadde nei successivi vent'anni è canzone nota ai più, e non mette conto di ricantarla. Basterà un ultimo cenno. Per ovvia nemesi, Ryan giocò la sua prima partita intera di Premier, nello United, a Old Trafford e proprio contro i rivali del City, e (logico per un predestinato) fu lui a deciderla: era il 5 maggio 1991, quando il ciclo vincente di Ferguson era appena iniziato. Da allora a oggi, 953 presenze ufficiali e 168 goals avvolto da quei colori – agli inizi, sulla schiena di quelle sue prime, variopinte casacche, ancora non faceva capolino il nome di chi le portava –, e mai un cartellino rosso sventolato da un referee (negli stadi del Regno o altrove nel mondo) sotto il suo naso. 

Sempre loro, un po' meno giovani
Sua più grande conquista fu, tuttavia, la stima e il rispetto di Sir Alex, che gli ha sempre risparmiato il suo celebre hair-dryer (il trattamento di "asciugatura zazzera post-doccia" riservato, nello spogliatoio dello United, ai calciatori più indisciplinati, impartito tramite ogni sorta di contumelia abbaiata sul grugno dal temperamentale manager scozzese) e, da diversi anni, pavoneggia fieramente l'inseparabile berretto rosso portafortuna con lo stemma del Galles, scippato a Giggs in una trasferta europea. 

   Cento di questi giorni, Ryan!
Duca & Mans