La più grande manifestazione sportiva mai organizzata

Le cronache di Monsù
L'ultima coppa del mondo

12 luglio 1966

Ci siamo, finalmente. Solenne opening ceremony e prima partita. Il racconto di Pozzo va in prima pagina - insieme a una bella foto di Her Majesty -, e subito si fanno strada i ricordi e le emozioni di chi, negli anni, in questa occasione era stato quasi sempre presente.


Londra, 11 luglio
La più grande manifestazione sportiva che mai sia stata organizzata al mondo ha avuto stasera il suo battesimo. A tenerlo, questo battesimo, è stata direttamente la regina Elisabetta d'Inghilterra, accompagnata dal principe consorte Filippo. Il grandioso stadio di Wembley era colmo al suo massimo già a un'ora dall'inizio della gara di apertura. Il recinto, che da quasi un paio d'anni è stato, nella parte riservata al pubblico, interamente ricoperto, di modo che mentre gli incontri si stanno svolgendo nessuno degli spettatori rimane esposto alle intemperie, può contenere più di centomila persone. E il campo era ben completo. E la messinscena coreografica era di una grandiosità senza pari.
Prima che i giocatoti dessero per conto loro inizio allo spettacolo tecnico che ha richiamato l'attenzione del mondo intero, il pubblico e l'ambiente tutto hanno direttamente fornito agli sportivi un quadro così maiuscolo da non trovare riscontro in nessun altra cosa del genere. Una cosa semplicemente colossale.
Chi verga queste linee qui a Londra detiene un primato eccezionale in materia. Questa edizione del campionato del mondo è l'ottava della sua storia. Noi abbiamo assistito a ben sette di esse, abbiamo mancato soltanto il primo torneo a causa di un richiamo in servizio di ordine militare. Ma ci siamo vendicati guidando la nostra squadra alla vittoria la seconda e la terza volta nelle quali la competizione è giunta al suo svolgimento. La cerimonia di apertura è stata in ognuna delle precedenti occasioni più modesta di questa volta, ma ci si scuserà se qui a Londra è una ondata irresistibile di commozione che ci prende alla gola al ricordo delle emozioni del passato, emozioni che ci portano con la mente e col cuore, per quanto ci riguarda personalmente, a Roma, a Parigi, a Rio de Janeiro, a Berna, a Stoccolma e a Santiago del Cile, ed ora ci fermano qui a Wembley dove siamo venuti in tante altre occasioni precedenti.
Da un'ora circa sono in campo i componenti di quattro bande militari, quelle della Guardia dei granatieri, della Guardia irlandese, della Guardia scozzese e della Guardia gallese, e le loro evoluzioni sul terreno di gioco entusiasmano il pubblico, che nel frattempo è a poco a poco cresciuto fino a riempire completamente ogni ordine di posti. Entrano in seguito le rappresentanze delle sedici squadre che partecipano a questa fase finale del campionato del mondo. Ognuna è preceduta da un portatore di cartello con il nome della squadra, e ogni rappresentanza porta i colori della propria nazionale. Viene prima, nella sua maglia gialla, la compagine che rappresenta il Brasile, detentore attuale del titolo di campione del mondo. La disposizione che queste squadre di giovani prendono in campo è identica a quella che assumono di solito nella cerimonia inaugurale le compagini delle Olimpiadi.
Lo spettacolo multicolore è di una bellezza eccezionale. Ad un certo momento, quando manca un quarto d'ora all'inizio della contesa, echeggia la fanfara degli otto trombettieri di Corte, e tutto tace. Entra la regina e un applauso tonante viene a salutare la sovrana e il suo consorte. Il corteo reale, seguendo il cerimoniale d'uso a corte, entra finalmente in campo e il presidente della Federazione internazionale di calcio, sir Stanley Rous, presenta i giocatori delle due squadre, che sono venute nel frattempo a schierarsi davanti alla tribuna d'onore. La presentazione viene fatta sia alla regina quanto al principe Filippo. Poi è la volta dei membri della Federazione internazionale di calcio e di tutto il comitato organizzatore a essere presentati, finché echeggiano le note dell'inno nazionale inglese, e allora l'intero uditorio piomba sull'attenti in un silenzio religioso.
Rientrano i membri di Casa reale nel palco che è loro riservato. Rimangono solo le due squadre schierate in campo, gli inglesi in maglia bianca e gli uruguayani in maglia azzurra chiara, mentre sul tetto della tribuna tutto attorno al campo prendono a sventolare le bandiere dei sedici paesi in gara. Il cielo è sereno e il campo si presenta in ottime condizioni. Fra le bandiere menzionate vi è anche quella italiana, laggiù di fronte a noi. Mentre l'arbitro si avvicina per dare il segnale di inizio alla grande competizione, il nostro sguardo di vecchio combattente si volge a quel tricolore, che tante volte e in tanti momenti emozionanti della vita nostra ci ha chiamato le lacrime agli occhi.
Sono le 19,30 precise (20,30 ora italiana) e l'ottavo campionato del mondo viene finalmente inaugurato dalla regina di Inghilterra.
La partita Inghilterra-Uruguay, è stata una sorpresa, una sorpresa sgradevole per i padroni di casa. La squadra nazionale dell'Inghilterra non è riuscita a battere i sudamericani, che venivano considerati dai più una compagine di valore secondario. Tutto è finito con zero a zero.

"La Stampa", 12 luglio 1966, prima pagina